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Nel 1937 il poeta inglese Wystan H. Auden fu incaricato di redigere un libro sull’Islanda, che coniugasse elementi di cronaca, storia e cultura alle descrizioni paesaggistiche dell’isola nordica, allora non ancora inflazionata come meta turistica. Pur proclamandosi disposto ad accettare l’incarico, discretamente retribuito e coperto di tutte le spese, entrò tuttavia presto in crisi riguardo alla forma letteraria da dare al suo resoconto di viaggio, decidendo con un intelligente escamotage, dopo un mese di incertezze, di servirsi di una struttura epistolare. L’editrice Archinto ha quindi pubblicato una scelta di queste “Lettere dall’Islanda”, indirizzate ad alcuni amici e al fratello. Si tratta di documenti in versi e prosa, dettagliati e ironici, in cui Auden esprime i suoi giudizi sull’ambiente naturale del paese, sul carattere dei suoi abitanti, sulla loro cultura e letteratura, sulle idee religiose e politiche, sulle loro abitudini sessuali e sanitarie. In generale, trapela dal tono delle sue comunicazioni una persistente noia, un mal dissimulato senso di superiorità e il desiderio intenso di tornare a vivere nella più civile Inghilterra. L’originalità del volume consiste tuttavia in un espediente ideato dall’autore per rendere meno monotoni i suoi reportage di viaggio: immagina una corrispondenza ideale con Lord Byron in cui “chiacchierare di tutto ciò che voglio, / dal paesaggio agli uomini e alle donne, / me stesso, l’arte, le notizie d’Europa”. Questo proposito viene mantenuto in tutte le quattro missive indirizzate all’illustre fantasma, scritte in versi metricamente controllati: spiritose, di uno spirito british molto elegante e sottile. Auden racconta della sua infanzia; polemizza sui traguardi economici e tecnici della contemporaneità che distrugge la natura, i buoni sentimenti e le usanze antiche; critica la letteratura inglese moderna; lamenta le sue fatiche di viaggiatore: scusandosi infine per la minuziosa prolissità della sua corrispondenza.
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