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Anno edizione: 2002
Anno edizione: 2005
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ritengo che tra i diritti/doveri del lettore ci sia anche quello di abbandonare il libro se non piace, ed io mi sono sempre comportata così. Sono "riuscita" a leggerlo ma non mi sento di consigliarlo a nessuno. Libro noioso, inutile, forse la lezione di stile voleva essere una lezione della Morazzoni nello scrivere. L'unica frase che mi ha colpito? "Vivo per nessuno" Se questo vi basta per incuriosirvi a leggerlo accomodatevi...
Io penso che chi legge queste recensioni "amatoriali" sia prima di tutto in cerca di un consiglio sull'acquisto. Il mio è che non lo so. Potrebbe anche essere il libro della vostra vita, oppure potreste pentirvi di averlo comprato e darlo via. Io l'ho dato via. Non posso che trovarmi del tutto d'accordo con la prima persona che ha scritto, il/la quale ha esposto in maniera sintetica e perfetta gli aspetti più salienti del libro: complimenti. Io invece aggiungerò un po' di velenosa cattiveria: penso che la signora Morazzoni sappia molto bene di essere brava a scrivere, e che si sia trovata in difficoltà economiche dopo aver acquistato il suo salotto nuovo in stile Luigi Diciottesimo, e che per pagarselo abbia pensato di sfruttare la sua bravura e sfornare un bel romanzo in cui non c'è scritto niente. Penso che sia un libro scritto a tavolino (in stile Luigi) per cavalcare l'onda dei suoi successi precedenti e guadagnarci un po'. Penso anche che la signora Morazzoni sia colpevole di un grave crimine: cattiva letteratura colposa e aggravata da un ottimo stile non sfruttato.
Il libro è sì difficile da leggere, ma perchè mantiene sospesa sempre la storia e insolute le storie avviate: ma non è proprio questo il trend del nostro vivere? intendo il vivere dentro: l'insistente e non sempre ordinata vita della psiche, quella che motiva e commenta il nostro agire in forme altre rispetto a ciò che si vede di fuori. Così è quell'insegnante con la sua vita in apparenza senza senso: cerca di capire, di vivere e capire. E poi, comunicare: la bimba muta che egli istruisce non è il segno del bisogno di comunicare, della necessità di una "lingua" che ci metta in contatto, che ci faccia capire?
Recensioni
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La storia raccontata nel nuovo romanzo di Marta Morazzoni è affine a quella narrata in Casa materna (Longanesi, 1992): al viaggio annuale compiuto dal signor Haakon D., da Amburgo al paese d'origine - sede vagheggiata e perduta di avvenimenti oscuri, di cupi intrecci familiari, di misteriose presenze - si sostituisce qui il viaggio di un precettore alla volta dell'austera dimora inglese di Ashbery House. Anche stavolta l'autrice tenta l'esplorazione di un mondo lontano, ricostruendo un'atmosfera quasi blixeniana in cui molto contano le forme delle relazioni familiari. Al protagonista tocca il compito di insegnare a leggere e a scrivere a una bambina sordomuta, ma anche quello di percorrere la strada di un difficile apprendistato esistenziale. La difficoltà maggiore consiste fin dall'inizio nel comprendere il carattere delle persone e la natura dei loro rapporti. Tutti sono avvolti da un'impenetrabile mistero, al centro di un rebus impossibile da sciogliere: Lord Jeoffrey Blands, gentiluomo, la moglie Lady Anna, la bambina stessa, la nonna rinchiusa in un manicomio, Antonia, la portoghese analfabeta al servizio della famiglia. L'insegnante non nasconde né il disagio dell'inserimento in questo mondo nevrotico e arido, né la fatica dell'adattamento a giornate scandite da incombenze e riti sociali. Il racconto è minuzioso e analitico, tanto da sfiorare spesso il rischio della monotonia e del manierismo. Come già per altri romanzi di Morazzoni, vale più il compiacimento nel raccontare e nel ricostruire un'atmosfera che la trama o la dimostrazione di una tesi. Ne risulta un romanzo di genere con un alto grado di traducibilità, come per le altre opere della scrittrice, molto apprezzate all'estero, soprattutto in Gran Bretagna. L'indagine psicologica procede spesso tuttavia per luoghi comuni e sceglie strade di estrema accessibilità, anche se poi, attraverso un finale amaro, si scopre che il mondo descritto con apparente distacco e sarcasmo dal protagonista non fa che riflettere la sua irresolutezza e anaffettività.
Monica Bardi
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