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Non voglio fare il bastian contrario(di chi mi ha preceduto), ma io questo libro lo trovo a dir poco contorto. Le storie parallele di: Lorenzo, Carlo, e sopratutto Lucia, mi auguravo dovessero a dir poco confluire in un finale interessante, invece con l'infelice moralismo sulla morte di Francesca l'autore rovina tutto
Linguaggio splendido, semplice, accattivante. Non sono un grande lettore, arrivare alla fine del libro e' stato molto semplice. Sono rimasto entusiasta! Leggetelo.
Veramente bello, bello e dolente. Fa riflettere su tante cose, e scopre il filo sottile che può ancora legare gli anni di piombo ai giorni nostri. Per qualcosa mi ha ricordato "Tuo figlio", di Villalta. Ma ancora di più è un libro sulla vita all'interno del carcere, sui sogni e le speranze, spesso deluse, di chi vive recluso.
Recensioni
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Pensare di poter fare a meno di tutti, ritrovandosi in un'assoluta, quanto detestata, solitudine: è questa la condizione esistenziale di Lorenzo, protagonista dell'ultimo romanzo di Rocco Carbone Libera i miei nemici, la stessa di chi scrive, in carcere e del carcere (e non solo), a detta dell'autore che, in un'intervista rilasciata a Maria Agostinelli per "Rai libro", afferma: "Se si volesse stabilire un legame tra la condizione carceraria (…) e il mestiere dello scrittore, questo legame si risolverebbe sicuramente nell'isolamento e nell'immobilità. L'isolamento della scrittura, nel mio caso, viene temperato dal fatto che devo andare in un posto in cui la mia presenza permette ad altre persone di uscire dalle loro celle, per recarsi in un luogo che è a tutti gli effetti una scuola – a parte le sbarre alle finestre".
Rocco Carbone insegna a Rebibbia ormai da anni, animato dalle stesse motivazioni del suo personaggio, per alcuni tratti fortemente autobiografico: occuparsi degli altri per non pensare troppo a se stessi e in un luogo, il carcere, spersonalizzante per antonomasia. Lorenzo vive solo in un appartamento ordinato – troppo ordinato – d'un quartiere tranquillo. Lavora nella redazione d'un grande dizionario enciclopedico dove è responsabile degli aggiornamenti periodici e dove, senza grandi sforzi, ha fatto carriera. Una vita regolare, metodica, turbata solo dalla presenza discontinua e destabilizzante di un fratello, Carlo, l'unico familiare rimastogli, con cui non riesce ad avere il rapporto, nemmeno formale, sperato. Poi l'attività di volontariato in carcere, con quelle che si ostina a chiamare "le mie studentesse", alle quali legge Sonata a Kreutzer di Tolstoj, dentro un rapporto di complicità, anche se minacciato da un equilibrio precario, "delicato, pronto a spezzarsi da un momento all'altro, per una frase di troppo o al contrario per una minima distrazione".
Con un linguaggio scarno, essenziale, ridotto all'osso, che però rende le molte voci del romanzo tristemente simili, quasi si trattasse di una sola, Carbone ci racconta una storia forte e disperata, quella di un uomo e una donna, d'un insegnante e un'ex brigatista che frequenta le sue lezioni: la storia di un amore che poteva essere ma non sarà mai, perché annodato a un'esperienza dolorosa che affiora lentamente dalle pagine del romanzo, stralci di vita che nascono come fatti indipendenti uno dall'altro, per poi ricomporsi nel quadro di un passato comune. Libera i miei nemici non è infatti soltanto una testimonianza sugli anni di piombo, su chi ha lottato non ricorrendo alla violenza e su chi ha ucciso, non è soltanto un libro sul carcere e su chi lo popola, è soprattutto un libro sul passato: il punto cardine su cui ruota tutta la vicenda, con i suoi fantasmi e le fotografie ingiallite, quelle che restano a ricordarci ciò che, inevitabilmente, non ci apparterrà mai più.
L'unica vera riserva che ci sentiamo di muovere alla buona prova narrativa di Carbone riguarda un finale troppo giusto e scontato, poco convincente e coraggioso, quasi ci trovassimo di fronte a un incidente prestabilito, che garantisce sì la coerenza e la continuità della vicenda ma rischia, altresì, di risolversi in un'operazione facile, giudiziosa, se non, per così dire, eticamente corretta.
Cristina Cossu
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