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Il lavoro di Yassin al-Haj Saleh come parte della resistenza siriana mette in primo piano quella richiesta di dignità che era al centro delle rivolte di dieci anni fa nei paesi arabi. Le sue riflessioni sulla libertà non hanno davvero bisogno di una giustificazione speciale. Ma non sono nemmeno scontate. Le riflessioni sulla libertà non sono una prerogativa umana al di fuori della storia oppure una richiesta politica universale esente da contraddizioni. La libertà è un atto di liberazione, di separazione e conflitto, e può assumere tratti a volte tragici. In questo testo, in cui discute su concetti globali come la libertà, la patria, la prigione, l’identità, l’esilio, Yassin al-Haj Saleh ci fa capire come il mondo attuale, a suo parere sempre più “sirianizzato”, possa liberarsi e trasformarsi soltanto attraverso politiche solidali che abbattano le barriere di classe, nazionalità e religione. Yassin al-Hajj Saleh, definito dai suoi compatrioti la “coscienza della Siria”, è uno dei grandi intellettuali del nostro tempo. Nato nel 1961 nei pressi di Raqqa, per la sua militanza politica nel 1980 viene messo in prigione per 16 anni. Dopo il suo rilascio sposa Samira al-Khalil, anche lei ex prigioniera politica. Entrambi sono attivi nei circoli dissidenti in Siria fino alla rivoluzione del 2011. Nel 2013 Samira al-Khalil viene rapita insieme ad altri attivisti per i diritti umani e da allora non se ne hanno più notizie. Costretto a lasciare il suo paese, al-Haj Saleh ha vissuto in esilio prima a Istanbul e attualmente a Berlino.
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