(Roma 1885-1928) poeta italiano. Fu tra i fondatori di «Lirica» (1912) e collaborò alla «Voce» tra il 1914 e il 1917. Nei suoi versi giovanili è evidente l’influenza di Pascoli e D’Annunzio. Interessanti, in questa prospettiva, i suoi studi pascoliani, raccolti postumi in volume (Letture poetiche del Pascoli, 1953). Successivamente, elaborata una personale poetica sulla base, fra l’altro, della dottrina esoterica di R. Steiner, compose versi per certi aspetti accostabili all’ermetismo, vista la comune origine mallarmeana. Muovendo da una complessa riflessione teorica (sintetizzata organicamente in Nuovo rinascimento come arte dell’io, 1924, ma già annunciata in una significativa «guida» al Tristano e Isotta di Wagner, del ’24), O. pubblica un grande numero di raccolte tra il ’25 e il ’35, dove tenta di definire l’idea di una poesia filosofica, capace di restituire la religiosità panica che caratterizza l’approccio con la natura e con l’esistenza. La difficoltà del linguaggio poetico tradizionale a esprimere una così complessa materia speculativa non si risolve appieno nelle invenzioni lessicali e sintattiche di O. La sua poesia, tuttavia, si ravviva a tratti per purissimi squarci lirici, dando vita a una singolare interpretazione del simbolismo in rapporti di immagini guizzanti, in frequenti e ardite aperture analogiche: Liriche (1907), Poemi tragici (1908), Canti delle oasi (1909), Disamore (1912), Liriche (1914), Orchestrine (1917), Arioso (1921), Le trombe d’argento (1924), Terrestrità del sole (1927), Vincere il drago! (1928), Simili a melodie rapprese in mondo (1929), Zolla ritorna cosmo (1930), Suoni del Graal (1932), Aprirsi fiore (1935).