Enzo (Vincenzo) Jannacci è stato un cantautore, medico e attore italiano. Nelle parole dell’amico di una vita Beppe Viola: «La sua vita è stata un sussulto di invenzioni e anticonformismo. Poeta, musicista, scienziato, talent scout, karateka, milanista, queste e altre cose si potrebbero citare per arricchirne la presentazione.» Nel 1969 si laurea in Medicina, divenendo in seguito medico di base e cardiochirurgo, attività che affiancherà sempre a quella di musicista.
Quando gli chiedevano perché rispondeva: «per stare vicino alla gente».
Enzo Jannacci è stato tra i pionieri del rock’n’roll in Italia, all’inizio con l’amico Giorgio Gaber e poi affiancando artisti allora emergenti come Adriano Celentano, Ricky Gianco, Luigi Tenco e Little Tony.
La notevole tecnica al pianoforte gli valse anche l’opportunità di accompagnare grandi jazzisti di passaggio in Italia tra gli anni ’50 e ’60, tra i quali ci furono Stan Getz, Gerry Mulligan e Chet Baker.
Interprete e reinventore della canzone milanese negli anni ’60, è un originale ibrido di cantante e cabarettista. Dopo una gavetta in locali e teatri di cabaret, Jannacci giunge a pubblicare il primo disco a proprio nome nel 1964, La Milano di Enzo Jannacci. L’album contiene già pezzi che diverranno classici: El portava i scarp del tennis, Andava a Rogoredo e quella Ti te se' no che Jannacci, nella parte di sé stesso, canta in una trattoria nel film La vita agra di Carlo Lizzani.
Sono gli anni del Derby, storico locale milanese di cabaret, anni in cui Enzo Jannacci incontra, tra i tanti, Dario Fo e Cochi e Renato con cui collaborerà, a fasi alterne, per tutta la carriera. Il successo, quello grande, arriva però nel 1968, con la canzone Vengo anch'io. No, tu no (tratta dall’album omonimo, che include anche le strepitose Ho visto un re e Giovanni telegrafista): l’Italia intera ride e si diverte ascoltandola ma, a farci caso, si nota che anche in questo caso il protagonista del brano è un emarginato, uno dei tanti del songbook jannacciano. Da quel momento, diventa una figura di primo piano della scena musicale italiana: nei decenni successivi seguiranno decine di dischi e canzoni memorabili (Ci vuole orecchio, Messico e nuvole, Rido, Secondo te...Che gusto c'è?, Saxophone, Vincenzina e la fabbrica, Come gli aeroplani, L’uomo a metà…), televisione, cinema, teatro e partecipazioni al Festival di Sanremo.
Nel 1977 arriva anche l’omaggio della più grande, intitolato Mina quasi Jannacci.
La carriera cinematografica: dopo una fugace comparsa in La vita agra (1964) di Carlo Lizzani, la sua buona verve comica in Il frigorifero (1971) di Mario Monicelli, episodio del film collettivo Le coppie, anticipa la prova tragico-grottesca da protagonista kafkiano in L’udienza (1972), sotto la direzione di Ferreri. Consulente per Romanzo popolare (1974) di Monicelli, sceneggiatore di storie «milanesi» (Saxophone, 1978, di Renato Pozzetto), è episodicamente autore di musiche (Pasqualino Settebellezze, 1975, di Lina Wertmüller; Cinque furbastri, un furbacchione, 1976, di De Caro). Si ripropone nel suo classico ruolo graffiante in Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada (1983) di Lina Wertmüller, e in quello nostalgico in Figurine (1997) di Robbiano.
Fonte immagine: illustrazione di Ezio Mannarino, 2023