Vincenzo Consolo è stato un autore centrale nella storia della letteratura italiana del Novecento. Terminate le scuole superiori, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica di Milano, ma si laureerà, con una tesi in filosofia del diritto, all'Università di Messina.
Concluso il ciclo di studi universitari, fa ritorno in Sicilia, dove si dedica all'insegnamento nelle scuole agrarie. Nel 1963 esordisce con il suo primo romanzo, La ferita dell'aprile, sguardo sulla vita di un paese siciliano tormentato dalle lotte politiche dei primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti umani e letterari, in quella stagione, sono lo scrittore Leonardo Sciascia (che con la sua opera resterà stella polare lungo tutto il corso della carriera letteraria di Consolo) e il poeta Lucio Piccolo.
Nel 1968, avendo vinto un concorso alla Rai, si trasferisce a Milano, dove vivrà e lavorerà fino alla sua morte, svolgendo un'intensa attività giornalistica ed editoriale, e alternando alla vita milanese lunghi soggiorni nel paese d'origine.
I suoi romanzi e racconti sono contraddistinti da un approccio alla narrazione di grande suggestione visionaria e - insieme - dall’uso di una lingua colta e popolare, al tempo stesso. Fra i suoi romanzi, segnaliamo La ferita dell’aprile (1963), Il sorriso dell’ignoto marinaio (1976), che forse resta la sua opera più celebre, poi Retablo (1987, premio Grinzane), Le pietre di Pantalica (1988), Nottetempo, casa per casa (1992, premio Strega), L’olivo e l’olivastro (1994), Lo spasimo di Palermo (1998). Nel 1985 esce Lunaria (1985), dialogo fiabesco di sapore leopardiano. Consolo ha scritto anche per il teatro (Catarsi, 1989) ed è stato autore di saggi dedicati alla sua terra, la Sicilia: La pesca del tonno in Sicilia (1986), Il Barocco in Sicilia (1991), Vedute dallo stretto di Messina (1993).
«Non ho mai creduto all’innocenza, innocenza di chi intraprende una strada d’espressione, sia essa letteraria, musicale o pittorica… certo ci sono stati i naïf, i cosiddetti nativi, ma sono casi rarissimi di felicità innocente. Quando si intraprende un cammino espressivo bisogna essere consapevoli di quanto sia importante ciò che ci ha preceduto nel momento in cui abbiamo deciso di muovere i primi passi e di quello che si sta volgendo intorno a noi nel momento in cui ci accingiamo a scrivere. Questo è successo a me.»