(n. Mitilene, Lesbo, 630 a.C.) poeta greco. Nacque in un periodo agitato della storia di Lesbo. L’isola era turbata in quel tempo da violente lotte politiche tra la nobiltà, gelosa dei suoi privilegi, e il popolo che aspirava al potere e che trovò i suoi capi nei cosiddetti tiranni: Melancro, Mirsilo e Pittaco. Contro costoro, che col favore del popolo imposero il loro dominio personale, combatté la famiglia aristocratica a cui apparteneva il poeta: i suoi fratelli maggiori lottarono contro Melancro; a un complotto contro Mirsilo partecipò lo stesso A., ma il tentativo fallì, ed egli dovette andare in esilio a Pirra, nel sud dell’isola. Morto il tiranno, A. poté tornare dall’esilio grazie alla moderazione del nuovo dittatore Pittaco; a questi, tuttavia, il poeta non risparmiò i suoi attacchi di parte, tanto da subire un secondo e più lungo esilio, durante il quale fu anche in Egitto. Rientrò in patria grazie a una amnistia concessa da Pittaco stesso (580). Tra le imprese di A. si ricorda anche la sua partecipazione alla guerra che Lesbo condusse contro gli ateniesi, per il controllo dell’Ellesponto.A. scrisse (in dialetto eolico, come la sua contemporanea Saffo) inni agli dei, canti di lotta politica, odi per banchetti, versi d’amore. Tutte le sue poesie componevano almeno dieci libri. A noi rimangono ca 200 frammenti, di cui una parte ci è stata trasmessa dai grammatici antichi, e un’altra si è aggiunta di recente, dopo alcuni fortunati ritrovamenti di papiri egiziani. Nessun’ode ci è arrivata intera. A. è il poeta della guerra, dell’azione militare, della lotta accanita contro ogni forma di tirannide. La costante meditazione sulla sorte della sua città si fa dolorosa e nostalgica nei momenti della sconfitta e dell’esilio. Ma all’impegno civile si alternano le ore del riposo, ai gridi dell’odio e dell’oltraggio i canti dell’amore e il respiro della gioia, su uno sfondo paesistico di stagioni violente. Sul piano espressivo, l’opera di questo poeta è caratterizzata da una scabra e orgogliosa sobrietà.