Compositore. Figlio e nipote di musicisti (il padre, Luigi, fu pianista e direttore d'orchestra; il nonno, Francesco, un compositore di opere assai stimato da Rossini), studiò al conservatorio di Vienna, al liceo musicale di Venezia e a quello di Bologna, dove si diplomò in composizione con M.E. Bossi nel 1904. Dopo aver insegnato (1921-24) al conservatorio di Parma, si ritirò ad Asolo, dove si dedicò alla composizione. Nel 1936 tornò all'attività didattica, prima tenendo la cattedra di storia della musica all'università di Padova e la direzione del locale istituto musicale (1938-39), poi dirigendo il liceo musicale di Venezia (1939-52). Nel 1913 aveva distrutto gran parte della sua produzione giovanile, che era d'impronta essenzialmente romantica, con predilezioni per il soprannaturale e i misteri notturni. Il 1913 fu per M. un anno cruciale: a Parigi incontrò Casella, D'Annunzio, Ravel, e fu presente alla prima del Sacre du printemps di Stravinskij. Negli anni immediatamente successivi conobbe la sua piena affermazione con le sinfoniche Pause del silenzio (1917) e con Pantea (1919), dramma per una sola danzatrice, baritono, coro e orchestra, lavori nei quali già si esprime la sua poetica. Di carattere nettamente antiromantico ed essenzialmente vocalistico, anche nel trattamento strumentale, la musica di M. si fonda sul canto gregoriano e sulla monodia italiana del Cinquecento, pur essendo sensibile alle grandi innovazioni formali ed espressive del nostro secolo. Sue caratteristiche costanti sono la libertà ritmica e strutturale, l'articolazione in episodi, l'assenza quasi completa di sviluppi tematici, il fluire rapsodico del discorso. In particolare, il suo teatro si basa su una giustapposizione statica di scene drammatiche, secondo una tecnica che fu definita «a pannelli», attuata per la prima volta, dopo Pantea, nelle famose Sette canzoni (1918), che con La morte delle maschere e Orfeo ovvero L'ottava canzone formerà la trilogia dell'Orfeide (rappresentata a Düsseldorf nel 1923). Seguiranno, sempre per il teatro, Tre commedie goldoniane (1920-26), Filomela e l'Infatuato (1925), Merlino mastro d'organi (1927), la trilogia Il mistero di Venezia (1925-28) e il capolavoro del Torneo notturno (1929). Con La favola del figlio cambiato (1934), su libretto di Pirandello, M. comincia ad accettare anche drammi con un'azione regolarmente sviluppata, conservando tuttavia, nella composizione musicale, l'articolazione non a sviluppo, ma ad episodi giustapposti. Nascono così Giulio Cesare (1936) e Antonio e Cleopatra (1938), entrambi da Shakespeare, Ecuba (1941) da Euripide, La vita è sogno (1940) da Calderón de la Barca. I capricci di Callot, nel 1942, segneranno un ritorno al teatro «a pannelli»; ad essi faranno seguito L'allegra brigata (1943), Mondi celesti e infernali (1950), Il figliuol prodigo (1953), Donna Urraca (1954), Venere prigioniera (1957), Il marescalco (1960), Il capitan Spavento (1963), Don Giovanni (1963), Le metamorfosi di Bonaventura (1966), Don Tartufo Bacchettone (1967), Uno dei dieci (1970). Copiosa è anche la produzione sinfonica e strumentale di M., comprendente, tra l'altro, 11 sinfonie (1933-69), tre serie di Impressioni dal vero (1910-22) e le due serie delle Pause del silenzio (1917-26) per orchestra, 6 concerti per pianoforte (1934-64), 2 per violino (1932, 1963) e 1 per flauto (1968), la serie di 8 Dialoghi (1956-57) per vari complessi, qualcuno anche con voce; i Ricercari (1925) e i Ritrovari (1926) per 11 strumenti; una Sonata a cinque per flauto, violino, viola, violoncello e arpa; 8 quartetti per archi (fra cui i celebri Rispetti e strambotti, 1920, Stornelli e ballate, 1923, Cantari alla madrigalesca, 1931), e varie pagine pianistiche. Si ricordano infine i lavori con coro e orchestra, come i misteri S. Francesco d'Assisi (1921), La cena (1927), La Passione (1935), Santa Eufrosina (1942), la Missa pro mortuis (1938), e le cantate La principessa Ulalia (1924), Vergilii Aeneis (1944), Li sette peccati mortali (1946), La terra (1946) e quelli per voce e strumenti (Le sette allegrezze d'amore, 1945) e per voce e pianoforte. Pubblicò anche numerosi volumi storici e autobiografici, fra cui I profeti di Babilonia (1924), La pietra del bando (1945), L'armonioso labirinto (1946), Il filo d'Arianna (1966) e altri su Monteverdi, Vivaldi, Stravinskij ecc. Strettamente connessa con la sua attività compositiva fu quella di trascrizione e studio di musiche italiane tra il sec. xvi e il xviii: curò l'edizione di tutte le opere di Monteverdi e fu, dal 1947, direttore dell'Istituto italiano per la pubblicazione e diffusione dell'opera di Vivaldi.