Compositore. Forse allievo di G. Contino nella cappella del duomo di Brescia, prestò servizio per qualche tempo nella cappella di Trento e, dal 1578 all'85, presso il cardinale Luigi d'Este a Modena. Nel 1588-89 fu alla corte medicea per le nozze del duca Ferdinando con Cristina di Lorena, contribuendo, in contatto con I. Peri e con E. de' Cavalieri, agli intermezzi eseguiti nel corso dei festeggiamenti. In questa occasione compose La gara fra Muse e Pieridi e Combattimento pitico di Apollo che, pur rimanendo entro gli schemi del madrigale, anticipano già il «recitar cantando» fiorentino. Visse poi a Roma, al servizio degli Orsini (1589-92) e del cardinale Aldobrandini (1593-95). Nel 1595 si recò alla corte del re di Polonia; nel 1598 era di nuovo a Venezia. Nessuna notizia si ha sull'ultimo periodo della sua vita. Amico di Tasso e Guarini, massimo esponente del «petrarchismo musicale», M. rappresenta nello sviluppo del madrigale un momento culminante, antecedente diretto di Monteverdi. Tutti gli artifici del simbolismo sonoro (madrigalismi) e della «musica visiva» appaiono, nella sua opera, connaturati con la struttura stessa del discorso musicale, in un raffinato e mobilissimo rapporto col testo che tende a risolvere gli espliciti episodi descrittivi in un clima di intima espressività. Sempre attento al ritmo e al significato verbale, M. asseconda tuttavia la tendenza insita nel madrigale a diventare composizione essenzialmente musicale, non più subordinata a una forma poetica. Sue qualità salienti sono l'invenzione melodica, ormai espansa in tutto l'ambito della scala maggiore, e una naturale fluidità di funzioni armoniche, che dà coerenza logica anche alle alterazioni cromatiche più ardite, moderando la durezza di sperimentazione tipica, invece, di Gesualdo. Accordi di passaggio, dissonanze senza preparazione, accordi esorbitanti si disseminano con fini espressivi in un discorso musicale disteso. Magistrale la varietà ritmica, con uso della sincope e una fitta mescolanza di figure di piccolo e grande valore, che non sempre si esaurisce nel simbolismo visivo o sonoro, ma contribuisce a una raffinata costruzione simmetrico-ritmica dei temi; non di rado la linea melodica, specie nel basso, rivela carattere strumentale. L'imitazione, anche virtuosistica, appare ormai in forma episodica nell'ambito di un concreto rapporto descrittivo col testo. Sull'esempio dei veneziani, ricorrono spesso la tecnica del dialogo policorale e la disposizione a eco delle voci. Gli ultimi libri tendono decisamente verso uno stile declamatorio, forse per influsso della nascente Camerata fiorentina. Nella vasta produzione di M. spiccano, oltre alle numerose raccolte madrigalesche (9 libri di madrigali a cinque voci, 6 libri a sei voci, 2 libri a quattro e a quattro-sei voci, 1 libro di madrigali spirituali e temporali a cinque voci), le fresche, popolareggianti Villanelle et arie alla napolitana a tre voci, e, nel genere sacro, i mottetti, le sacrae cantiones, le antifone.