Regista neozelandese. A ventidue anni inizia a lavorare a un lungometraggio che richiede quattro anni per essere completato. Fuori di testa (1987) arriva a Cannes e trasforma uno sconosciuto in un regista di culto, capace di sopperire al basso budget con brillanti invenzioni ed effetti speciali. L'umorismo bizzarro, il gusto per le situazioni sanguinolente ed eccentriche si mantengono anche nei successivi Meet the Feebles (1989) – una versione oltraggiosa e divertente del Muppet Show – e Splatters - Gli schizzacervelli (1992). In Creature del cielo (1994), ispirato alla storia vera di due adolescenti assassine nella Nuova Zelanda degli anni '50, muta il tono ma non l'immaginifico talento visivo, che dà allo spargimento di sangue finale dolorose e plausibili motivazioni. Dopo il finto documentario Forgotten Silver (1996), in cui riscrive la storia del cinema sostituendo ai Lumière due oscuri fratelli neozelandesi, affronta l'opera più impegnativa e ambiziosa della sua carriera: l'adattamento per il grande schermo della saga di Tolkien Il Signore degli anelli. Ne ricava una trilogia, distribuita nell'arco di tre anni (2001-03), in cui il suo gusto visionario e un uso intelligente degli effetti digitali danno vita a un'opera fluida e complessa, destinata a essere ricordata come uno dei capolavori del genere fantasy. Il terzo episodio (Il signore degli anelli - Il ritorno del re, 2003), salutato da buona parte della critica come uno degli eventi cinematografici più importanti dell'ultimo decennio ottiene ben 11 Oscar, tra cui quello per il miglior film e per la migliore regia. Il successo di Il signore degli anelli gli permette di realizzare King Kong (2005): infatuato sin da bambino della storia dello scimmione che si innamora di una ragazza, J. esaspera la sua capacità visionaria in un remake ad altissimo budget che, rifacendosi apertamente all'originale del 1933, miscela spettacolo e cinefilia per sfociare nel digitale più roboante.