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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2010
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La pubblicazione di questo libro, originale per l'impostazione e le tesi interpretative, rende due servizi al pubblico italiano: fa conoscere uno dei più brillanti filosofi tedeschi contemporanei, Hauke Brunkhorst, e offre un fondamentale profilo dell'opera di Habermas. Si può dire che Brunkhorst appartenga alla "sinistra habermasiana": venuto da questa scuola, ha sviluppato una teoria politica che mantiene al suo centro la critica sociale, appoggiandosi sugli scritti di Marx e sull'analisi del capitalismo globale; il suo libro più importante è Solidarität (Suhrkamp, 2003; trad. inglese Mit Press, 2005), una teoria dell'inclusione democratica estesa alla cittadinanza globale. Va ricordato tra l'altro che in italiano sono disponibili poche introduzioni a Habermas: di David Rasmussen (Liguori, 1993), di Walter Privitera (Rubbettino,1996) e soprattutto di Stefano Petrucciani (Introduzione a Habermas, Laterza, 2000). Quindi, anche solo per questo, la traduzione del lavoro di Brunkhorst è benvenuta.
Ma soprattutto, questo libro ha un taglio interpretativo particolare. Brunkhorst affronta il pensiero di Habermas in maniera sistematica, seguendo alcuni percorsi tematici. In primo luogo, mostra la radice della sua opera in un originario impulso morale: la generazione intellettuale cui Habermas appartiene (Enzensberger, Dahrendorf, Luhmann, Wehler, ecc.) ha un ruolo peculiare nella cultura tedesca del dopoguerra, avendo vissuto la sua prima e seconda socializzazione nel Terzo Reich, ma la formazione universitaria nell'immediato dopoguerra; diversamente quindi dalla generazione precedente, non ha responsabilità morali per la politica nazista, ma diversamente dalla successiva (cui appartiene anche Brunkhorst, nato nel 1945), non può non prendere posizione nei confronti di questo passato, lottando contro la rimozione intellettuale messa in atto subito dopo la guerra dai più anziani. Il celebre articolo che Habermas scrisse nel 1953 contro Heidegger è uno dei più importanti momenti di tale confronto generazionale; lo "scandalo" che quell'articolo suscitò risiede proprio nell'aver posto il problema in termini politici. L'esigenza morale di rifondare la visione della società e della politica, dopo la dittatura nazista, è la molla costante dell'opera habermasiana.
Dopo questa premessa, si apre il percorso teorico, in tre tappe: un primo capitolo sull'idea di razionalità di Habermas; un secondo sulla continuità-rottura con la Scuola di Francoforte, intorno al tema del dominio sociale; un terzo sulla vera e propria teoria sociale habermasiana, in un dialogo con le tradizioni sociologiche tedesche, da quelle degli anni trenta-quaranta fino a Luhmann. Il filo rosso che unisce il tutto è un'idea di Marx e di Horkheimer: il radicamento sociale della ragione. Una teoria critica è possibile solo se svela un potenziale razionale che agisce già dentro i rapporti sociali esistenti. Nel primo percorso, Brunkhorst mostra come l'idea di razionalità comunicativa riprenda, abbandonando la filosofia del soggetto, l'iniziale progetto di "trasformare la critica della conoscenza in teoria della società". La ragione viene spostata da un soggetto che si appropria di se stesso (Conoscenza e interesse, 1968) alla struttura pragmatica del linguaggio e alla comunicazione (Teoria dell'agire comunicativo, 1981), che coinvolge più soggetti, empirici e non trascendentali. In tal modo, Habermas riesce a "integrare la pretesa incondizionata della razionalità comunicativa (
) con una teoria sociale forte". È un merito importante di Brunkhorst mostrare la continuità tra il libro del 1981 e Fatti e norme (1992): filosofia politica normativa e analisi sociologica si integrano naturalmente.
Nel secondo percorso, il rapporto di amore-odio con Adorno mette in luce come la distinzione habermasiana tra razionalità strumentale e comunicativa serva a recuperare il potenziale "sovversivo" che il dominio genera, come reazione, negli oppressi: tale potenziale è la "potenza rivendicante" della libera comunicazione che, quando è repressa, si esprime come "apatia politica, violenza incontenibile, azionismo irrazionale, volontarismo populistico, fanatismo religioso, movimenti contestatori, rivoluzioni politiche". Per sostenere una tale analisi, è necessaria una teoria dell'integrazione sociale su due livelli: il piano della validità dei significati, liberamente riconosciuta, e il piano delle connessioni funzionali, che "sgravano" la comunicazione dai complessi meccanismi dell'accettazione razionale. Qui entra in campo il confronto con Luhmann, che ha un ruolo essenziale nell'opera di Habermas, messo in luce brillantemente da Brunkhorst nel terzo percorso. La teoria di Luhmann è il paradigma della riduzione della razionalità sociale a puro sistema, che esclude ogni risorsa normativa ed emancipativa; l'abbinamento di "mondo della vita" e "sistema" in Habermas, invece, integra il normativo al funzionale, senza perdere la forza stabilizzatrice che questo garantisce.
Mauro Piras
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