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Il Terzo mondo non è solo un luogo geografico. Spesso lo si identifica come una sottocondizione umana che appiattisce, uniformandoli, i valori culturali o le caratteristiche dei popoli che lo compongono. Parlare allora di questi mondi “al di fuori” diventa necessario poiché il diritto alla conoscenza allarga le solidarietà. Anche qui in Madagascar, non diversamente da altri contesti, l’architettura ha aiutato l’uomo a dare un senso all’esistenza, a conquistare un equilibrio nello spazio e nel tempo. E sempre a partire da un centro: la casa. Essa è ancora lo specchio di un sapere antico, adeguato alla sostanza civile (ancorché tribale) ereditata, senza obbligatorietà di mediazioni o di scelte, da una “coscienza spontanea”. Che sia per la vita o per l’eternità la sua costruzione segue logiche codificate e medesime gerarchie interpretative. Il volume si compone di due parti, distinte ma complementari. La prima è incentrata sulle caratteristiche simboliche dello spazio, sui luoghi del vivere e del morire, sulle metodologie di costruzione; la seconda riguarda più da vicino una regione del paese, l’Imerina. Qui, sugli altipiani centrali, la storia architettonica si confonde con quella malgascia per riassumerla quasi integralmente. L’autore ripercorre l’evoluzione dei modelli abitativi che si lega indissolubilmente alle vicende dei re e delle regine, i soli arbitri capaci di mediare fra la certezza della tradizione e la forza prorompente della novità. Nella seconda metà dell’Ottocento l’architettura partecipa ai mutamenti dello Stato in modo sempre più incisivo, aprendosi alle innovazioni tecnico-estetiche dell’occidente. Nel solco di una logica di spartizione fra grandi potenze cade anche la fragile monarchia e, dopo la lunga parentesi coloniale, il paese conquista l’indipendenza. Nonostante gli sforzi di modernizzazione, gran parte dei comportamenti segue antichi codici simbolici fatti di regole e superstizioni ancor oggi largamente rispettati. La pubblicazione trae origine da un più ampio lavoro di ricerca condotto dall’autore durante i suoi viaggi in Madagascar e vuol proporsi come premessa alla conoscenza di un rilevante patrimonio storico culturale oggi, purtroppo, in uno stato di grave abbandono.
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