Madame Butterfly. Ediz. a colori

Riflesso del suo veemente contenuto d'inchiostro? Chissà... Certo è che "Madame Butterfly" si presenta maestosa nel formato, sorprendente nella sua apertura e, come se si fosse in compagnia di una silenziosa orchestra, abbacinante per la doppia lettura in cui si viene accompagnati non pagina dopo pagina, ma quasi fondale dopo fondale. Ispirato al romanzo "Madame Chrysanthème" (1887) di Pierre Loti, pseudonimo dello scrittore francese Louis Marie Julien Viaud, e a "Madama Butterfly" di Giacomo Puccini, la cui prima messa in scena avrebbe preso vita il 17 febbraio 1904 nel Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala di Milano, con spirale illustrativa, Lacombe riavvolge lo storico percorso di queste opere universali e avviluppa chi legge in un palcoscenico narrativo al quale si può rimanere attoniti e turbati. Come le bluastre ali che è possibile ammirare nella prima di copertina, non minuta è la curiosità che porta infine a chiedersi il perché si ritrovino medesime e molteplici farfalle anche in "Gli amanti farfalla" (2015), "Frida" (2016) e "Storie di fantasmi del Giappone" (2021).

"Quella farfalla che volava e si posava con grazia incantevole sarebbe stata mia, anche a rischio di spezzarle le ali." In tutta sincerità non riesco a capire quale fosse l'intento dell'autore, cosa lo abbia spinto a raccontare la storia dal punto di vista del personaggio più odioso di sempre, che contrariamente a quanto promette la sinossi sembra ben lontano dal sentirsi "divorato dal rimorso di aver sedotto la fanciulla solo per capriccio". Fin dalle prime righe trapela un tale razzismo da rendermi davvero difficile proseguire tollerando la voce narrante. I giapponesi sono descritti come omuncoli disprezzabili, le loro donne bamboline da trattare come oggetti, il paese una sorta di esotico parco giochi per i conquistatori occidentali. Tutto molto coerente con l'ottica colonialista del protagonista maschile, per carità... Ragione per cui avrei preferito qualsiasi altro POV. Qualsiasi. La povera Butterfly viene dipinta come un'ingenua sempliciotta per essersi lasciata ingannare, una persona che merita di essere maltrattata proprio perché tanto innocente da non riuscire a prevederlo né ad arrendersi in seguito all'evidenza. Pinkerton, dopo averla riempita di vuote promesse, senza il coraggio di dirle in faccia la verità, si aspetta che lei volti pagina con la sua stessa leggerezza, e nell'amore e nella fedeltà che invece la moglie dimostra non vede altro che il prodotto di una irrisibile cultura arretrata. Le paragona con scherno paternalistico la moglie americana, libera e indipendente, e nemmeno per un secondo biasima se stesso per aver approfittato di qualcuno che considera inferiore, salvo poi scegliere come compagna di vita una propria pari. Insomma, la storia è celebre, non ci si poteva aspettare una trama o un epilogo diversi, ma avrei apprezzato che fosse raccontata con ben altri toni, perché questi mi sono risultati a dir poco indigesti. Niente da dire sull'aspetto grafico. Le illustrazioni di Lacombe sono sublimi. Peccato per il resto.

Il racconto di un amore straziante, un libro prezioso da collezione. Lo definirei sublime...