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Questo libro è spettacolare. Sembra un film Se volete sognare, se volte credere nelle opportunità della vita, se volete innamorarvi. leggetelo.
Ci sono certi libri, come questo, che raccontano storie che hanno il potere non solo di stregarmi, ma anche di toccare molte corde della mia anima. Ci sono certi libri, come questo, che per quanto possano risultare freschi e genuini, in realtà raccolgono una magnifica esperienza espressiva. “La Madre, il Maestro, Shakespeare e Dio” richiamava la mia attenzione da mesi, per questo suo titolo bizzarro. E quando ho scoperto che si trattava di un romanzo, ho storto un po’ il naso. Ho pensato fosse un titolo pretenzioso per un libro di narrativa. Ma la curiosità mi stuzzicava ancora. E allora l’ho acquistato appena ne ho avuto occasione. E il giorno dopo l’ho subito iniziato. E da allora, giorno dopo giorno, mi sono innamorata di questa storia. Per quanto possa risultare densa di avvenimenti; per quanto i personaggi (e in particolare una protagonista) possano peccare di una eccessiva banalizzazione in cliché; per quanto talvolta non fossi convinta dalla direzione presa dall’autrice, alla fine mi sono trovata a pendere dalle parole di Giulia Bracco, dalla sua capacità di raccontare una storia tutto sommato banale nei suoi contenuti, ma dalla realizzazione per nulla banale. Perché questa, come tante, è la storia di una ricerca degli avi, una storia di ricerca anche di sé. E anche, se vogliamo, una storia della ricerca dei mezzi per raccontarsi. Perché questa è anche una storia di realizzazione . Non esiste nulla che non sia osservato e l’uomo, come un evento, esiste nella sua espressione testimoniata da un altro. Chi siamo non è definito da chi ci osserva, ma siamo definiti dalla consapevolezza che qualcuno ci osservi, però, e per questo - attraverso questo, cioè - rendiamo materiale ciò che pensiamo di essere, la nostra stessa rappresentazione.
Recensioni
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Dopo la bellissima raccolta di racconti Storia dei miei fantasmi di Francesco Borrasso, un nuovo appuntamento con Caffèorchidea non delude. Non potrebbe essere diversamente, se si considera che la giovane casa editrice deve il nome al Caffè Orchidea, il bar di Lisbona in cui Pereira ama rifugiarsi nel romanzo di Antonio Tabucchi, uno dei più belli della fine del ‘900. Per mettere a disposizione dei lettori elementi per studiare e osservare il mondo, l’editore Giuseppe Avigliano punta a giovani scrittori come Giulia Bracco, autrice del romanzo La Madre, Il Maestro, Shakespeare e Dio (348 pagine, 15 euro) che vede protagonisti Nabel ed Hector, figli dello stesso padre, il fisico e scienziato di fama mondiale Lucrezio Minenti, che li ha «concepiti nello stesso momento della sua vita, coltivando due tipi d’amore, due tipi di sogno, due tipi di vita».
Nabel è una ragazza introversa e insicura che ama profondamente la scrittura, sebbene cancelli qualsiasi cosa scriva per paura che le sue parole svelino il mondo che ha dentro, fatto di fragilità e solitudine («Mi sembra che se dovessi lasciare le parole da qualche parte, qualcuno potrebbe avere a disposizione la mia anima in ogni istante, per affacciarvisi dentro liberamente come nulla fosse»). Hector ama l’arte e con le sue opere contemporanee e simboliche riesce ad esprime la propria natura ribelle e anticonformista. Nati a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra, i due non si sono mai incontrati, fino al giorno in cui Hector decide di incontrare la sorella e raccontarle la verità. Da quel momento in poi tra i ragazzi si crea una connessione speciale. Sebbene appartengano a due universi paralleli, Nabel inizia a dipendere dal fratello e viceversa: pur essendo lontani, condividono lo spazio- tempo in cui sono stati creati, ma seguendo energie opposte e mai separabili. Le loro vite si influenzano vicendevolmente: se a Londra Hector è avvolto da un’aurea di energia positiva, in Italia sua sorella è condizionata da un flusso negativo; se qualcosa accade da una parte, non accadrà dall’altra.
Chiari ed espliciti sono i riferimenti alla teoria degli universi paralleli di Stephen Hawking: quelli dei protagonisti si evolvono e si legano grazie a un’energia speciale e una forza misteriosa che regolano i loro mondi. E non mancano i riferimenti alle teorie di Kierkegaard e ai pensieri di Chernobov, ideatore di un prototipo della Macchina del Tempo, altra grande protagonista del romanzo di Bracco che, attraverso le leggi fisiche, riesce a raccontare l’emotività, la vita, gli amori dei personaggi. I sogni, i dolori, le paure, le speranze di due universi in costante connessione tra loro, in cui l’uno controbilancia le energie dell’altro.
Il potere delle parole è infinito e stravolgente :possono cambiare un evento, una situazione, un sentimento, la nostra vita e il nostro essere. Le parole definiscono il nostro “io”. L’autrice affida questa consapevolezza tra le mani di Nabel: certa che esse possono vivere in eterno, ha paura di essere giudicata per ciò che scrive. Il titolo del romanzo, richiamando una citazione di Martin Amis, fa riferimento a tale paura, «Qualcuno ci sorveglia mentre scriviamo: la Madre. Il Maestro. Shakespeare. Dio»
Le parole di Nabel, che non sono altro che quelle dell’autrice Giulia Bracco, sono bellisime, sebbene inespugnabili; riescono a toccare l’anima e raccontare l’amore, le fragilità e le solitudini con uno stile elegante e scorrevole che non tralascia i colpi di scena. Temi complessi che raccontano due universi altrettanto complicati, lungo un percorso di crescita e di cambiamento dei due protagonisti.
Una lettura piacevole che commuove il lettore, sopratutto nella parte finale del libro, quando il potere delle parole riuscirà a mettere in connessione Hactor e Annabel nella stessa dimensione spazio-tempo. Chiuso il libro, sarà inevitabile riflettere sul fatto che gli uomini, probabilmente, sono tutti interconnessi da una forza misteriosa che ne governa le esistenze e che chiamiamo “coincidenze”.
Recensione di Arcangela Saverino
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