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Bellissimo saggio sul mondo della scuola. Un libro che andrebbe letto e commentato in ogni famiglia perché i grandi, enormi problemi della scuola italiana riguardano tutti e non sono risolvibili (e nemmeno affrontabili) con gli inutili teatrini cui assistiamo da troppi anni. Cremaschi ha splendide idee, alcune delle quali - come la settimana corta e l'anno scolastico lungo - talmente semplici, di facile e quasi immediata applicazione che davvero ci si domanda perché debbano rimanere solo parole. Cremaschi ama la scuola e lo dimostra con la sua spietata analisi: sarebbe ora che questo amore venisse condiviso da più famiglie e più operatori.
Il libro ha il pregio della chiarezza, della lucidità, della concretezza, della sistematicità, della ricchezza di documentazione, ma difetta forse di umiltà e di (sano) beneficio del dubbio. L'autore - in modo apparentemente non diverso dalla Gelmini, ma in sostanza con ben altro polso della situazione, con tutt'altro respiro - ipotizza una radicale riforma della scuola, in cui i tagli degli indirizzi e del personale, la razionalizzazione di tempi e spazi, l'istituzione della settimana corta e del calendario lungo, siano controbilanciati da una migliore qualificazione dei docenti (anche in termini di selezione, retribuzione e carriera) e da una maggiore efficacia formativa ad ogni livello (dalla scuola dell'infanzia all'università). In ciò ha una risposta per ogni quesito e una soluzione per ogni problema, salvo poi concedersi un’inesorabile doccia fredda nell'ultima pagina, dove il "sistema" illustrato, ottimo sulla carta, si incrina al contatto con la nostra italianissima realtà. Ad ogni modo mi ha convinto, e il fatto che io sia un prof. giovane (non giovanissimo) e precario da alcuni (e chissà ancora per quanti) anni non attenua, piuttosto rafforza la mia impressione che Cremaschi abbia ragione quando auspica un drastico giro di vite e quando afferma che noi insegnanti italiani continuiamo ad accettare un implicito e subdolo ricatto da parte dello Stato: "non ti do molto ma non ti chiedo neppure molto". In una scuola come quella attuale, Preparazione, Passione, Metodo, Coerenza, Equilibrio (che io considero il "pentafàrmakon" dell'insegnamento), anziché essere considerati requisiti indispensabili e valutabili, sono paradossalmente valori aggiunti della nostra professione (della serie "bontà tua se li hai!"). In mancanza (e nella speranza) di una vera meritocrazia, resta l'incalcolabile gratificazione che un prof. riceve ogni volta che i suoi studenti gli sorridono e si ricordano di lui, che si illude di regalare l'emozione dell'apprendere e lo stupore del capire, che insegnare gli sembra un sinonimo di amare.
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