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Testo universitario che rielabora la materia che si pone di indagare con organicità, scientificità e ottima comprensibilità. La trattazione dei vari argomenti conserva una propria autonomia; lo sviluppo dell'affettivitá è presentato in maniera egregia, le problematiche riguardanti le frustrazioni, i conflitti, i processi di socializzazione vengono esaminate con rigore storico-empirico. Non si rende necessario l'uso di un dizionario di termini psicologici, semmai è utile approfondire i cenni biografici di alcuni studiosi italiani e stranieri. Di particolare interesse l'introduzione inerente alla psicologia filosofica e scientifica, nonché alle correnti della psicologia della forma, della psicanalisi e della riflessologia.
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Alla base di questa storia della psicologia dall'epoca classica a oggi, la prima in Italia, c'è un'idea "forte": la cultura greca ha elaborato i due modelli di psicologia che hanno avuto una continuità fino al Novecento. In Socrate la psiche è al centro della vita umana; il suo insegnamento è fondato sul dialogo il cui scopo è la "cura" dell'anima. L'altro modello è stato espresso da Aristotele nel primo manuale di psicologia, il De anima, in cui il filosofo compie un'analisi dei processi cognitivi e descrive l'anima sensitiva e intellettiva secondo un'architettura, afferma Mecacci, che riconosciamo come il presupposto concettuale delle attuali teorie della mente. Ora, il modello aristotelico si è imposto fino al Novecento nella psicologia di indirizzo sperimentale, mentre la "cura" dell'anima è stata l'impostazione di correnti come la psicoanalisi o recentemente della psicologia postmoderna.
Tra i filosofi del medioevo è centrale il contributo in psicologia di Tommaso d'Aquino; egli sostiene il carattere individuale dei processi mentali, e sul dibattuto problema delle passioni (o emozioni) formula una teoria molto articolata. Egli distingue vari tipi di "appetiti" (o tendenze); un concetto, nota l'autore, "che è rimasto, seppure in forme diverse, fino a tutta la psicologia del Novecento".
Nel Cinquecento c'è una svolta; il tema centrale non è più la ricerca dell'essenza dell'anima, ma le operazioni cognitive con cui organizziamo le conoscenze del mondo. Ora la psicologia è alla base della formazione della personalità umana, e perciò è collegata con la pedagogia, con l'educazione dei fanciulli. L'umanista spagnolo Juan Luis Vives pubblica nel 1538 De anima et vita, "considerato il primo esempio di psicologia moderna".
Nel Sei-Settecento c'è un notevole progresso nello sviluppo dell'anatomia e fisiologia del sistema nervoso, e soprattutto del cervello; si impone il dibattito sul ruolo dell'esperienza e dei principi di funzionamento della mente, e si scontrano due posizioni, fra chi ritiene che nella mente ci siano idee innate e chi riconosce il primato dell'esperienza. Inoltre, si apre il dibattito sulle passioni, sulle differenze fra la dimensione cognitiva e quella affettiva e a chi va attribuito il primato. Queste discussioni, cui partecipano tutti i filosofi del tempo, hanno il loro punto d'approdo nel pensiero di Immanuel Kant. Egli nega che la psicologia sia una scienza, ma riconosce l'importanza di una "psicologia empirica" capace di classificare gli stati interni dell'anima, mentre l'antropologia pragmatica studia l'individuo nella varietà storica e culturale, i suoi stati normali e patologici.
Nel corso dell'Ottocento, cui è dedicato uno dei capitoli più ampi e ricchi di analisi di autori e opere, c'è un'esplosione di studi psicologici; si creano i laboratori di psicologia, e questa disciplina si emancipa dalla filosofia e assurge a scienza autonoma sul modello delle scienze naturali. Inoltre, nascono nuovi campi della ricerca psicologica: la psicofisica, la psicologia della folla, la psicologia animale, gli studi sul sistema nervoso, sull'influenza di Darwin sulla psicologia. Ci sono diversi orientamenti in conflitto, l'associazionismo, lo strutturalismo, il funzionalismo. Il Novecento è caratterizzato da grandi figure di psicologi, qui ampiamente trattate. Janet, Freud e gli sviluppi della psicoanalisi, Adler, Pavlov, Wertheimer, Piaget e altri ancora, oltre che gli orientamenti dominanti: dal comportamentismo al cognitivismo, di cui l'opera di Ulric Neisser del 1967, Psicologia cognitiva, ha disegnato l'orizzonte teorico. E poi la psicologia sovietica, di cui Mecacci è il maggiore studioso italiano, con il privilegiamento del pensiero di Vygotskij.
L'autore si sofferma poi sulle aree di ricerca del Novecento, come la psicologia animale e la psicotecnica; o su temi specifici che sono stati al centro di ricerche sperimentali e di nuove ipotesi interpretative, come il campo delle emozioni, dell'intelligenza, della personalità, dei rapporti mente-società, e soprattutto si sofferma sulle neuroscienze, di cui offre una sofisticata analisi, tra le più complete e persuasive del libro, corredato fra l'altro da numerose illustrazioni.
In poche, sobrie pagine di conclusione, Mecacci indica quali sono, a suo giudizio, le Prospettive di ricerca storica. Ciò di cui ha bisogno oggi la psicologia è comprendere, in primo luogo, che essa si occupa di fenomeni che sono stati storicamente costruiti dalla cultura greca (Socrate, Platone, Aristotele). La percezione, la memoria, le emozioni e così via non sono entità astoriche; storici non sono solo gli sviluppi della psicologia, ma le sue stesse categorie. Solo attraverso questa consapevolezza potremo confrontarci con i modelli della mente elaborati in aree culturali diverse dalla nostra; un problema particolarmente urgente, nel momento in cui i rapporti con popolazioni di culture "altre" sono parte integrante della nostra vita individuale e sociale.
Mario Quaranta
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