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paperback 200 9788807102073 Ottimo (Fine).
recensione di Corona, M., L'Indice 1997, n. 2
Un po' di anni fa, quando insegnavo all'Università di Messina, mi capitò di apprendere che proprio in quella città aveva sede un Istituto, credo di medicina legale, dove venivano convogliati d'ufficio, per l'autopsia e gli accertamenti di rito, tutti i cadaveri di mafiosi, 'ndranghettari e consimili, ammazzati da qualche loro collega nell'esercizio del comune mestiere. Nel corso del tempo, il direttore dell'Istituto aveva così potuto raccogliere una vastissima e impressionante documentazione clinica sui processi degenerativi in atto in quei corpi prima che venissero sparati: fegati esplosi, metastasi impazzite, arterie sbrindellate. Anche senza l'intervento dei kalashnikov, dunque, gli sciagurati non avrebbero tirato avanti a lungo. Lì stava la prova provata che vivere da mafiosi non fa bene alla salute. Troppo stress.
Se anziché dedicarsi all'analisi dei comportamenti del maschio urbano bianco evoluto nel mondo anglosassone e australiano Connell si fosse rivolto a questa nostra arcaica forma di criminalità - omicida sì, ma anche largamente suicida -, egli avrebbe certo identificato la mafia come una struttura maschile per eccellenza, e i suoi affiliati come supremi rappresentanti di un codice di comportamento patriarcale allo stato puro, proprio nella sua arcaicità.
Dal libro di Connell - il primo nella meritoria collana "Gender", diretta da Patrizia Nanz, a essere dedicato al maschile - si deduce infatti come l'adesione ai codici della maschilità tradizionale sia, tutto sommato, piuttosto sgradevole e anche faticosa, quando non mortale, e come diventare uomini risulti forse altrettanto difficile che per le donne riuscire a essere donne in un mondo fatto dai maschi sulla propria misura. Perché il maschio, alla fin fine, e il più delle volte inconsapevolmente, paga abbastanza caro il proprio dominio sulle donne, sui più deboli, sul mondo. Tuttavia nell'Occidente avanzato il canone virile si va da tempo sfaldando, per lasciare spazio a nuovi e più variegati modi di essere maschi.
Bob Connell è un sociologo di origine australiana che insegna in California, all'Università di Santa Cruz. La sua familiarità con Australia e Nuova Zelanda consente a noi lettori europei di spingere lo sguardo oltre i consueti confini del mondo anglosassone nordatlantico, e di cogliere la fondamentale omogeneità di pensiero e di comportamenti che accomuna il più vasto mondo "occidentale": ovvero il mondo maschile bianco, protestante, ex colonialista e tuttora egemone. Il suo libro, un po' smagrito nella versione italiana, si intitolava Masculinities, e questo plurale metteva subito in chiaro l'atteggiamento dell'autore nei confronti del suo tema. Non si parla di un'unica dimensione, tradizionalmente ritenuta fissa in quanto legata a un dato puramente biologico-cromosomico-genetico, ma piuttosto della maschilità come costruzione ideologico-culturale normativa, cui l'autore oppone la realtà plurima delle maschilità contemporanee (postmoderne, suggerisce William Simon nella sua ultima, densa trattazione, "Postmodern Sexualities", Routledge, 1996).
I modi in cui si formano i codici della maschilità anglosassone vengono indagati da Connell attraverso una triplice prospettiva, che comporta una critica (di impronta foucaultiana) del complesso di Edipo così come è concepito da Freud; delle scienze sociali, responsabili di accettare una forte corrispondenza tra sesso biologico e ruoli sociali; e delle dinamiche storiche ed economiche che hanno plasmato il mondo occidentale.
Per Freud, come è noto, il complesso di Edipo rappresentava un nodo cruciale nello sviluppo del maschio: la sua risoluzione, e il conseguente distacco dal mondo materno, erano ritenuti l'unica via di accesso a un'identità matura, rigidamente definita in funzione dell'eterosessualità coniugale riproduttiva. La psicoanalisi soprattutto americana degli anni cinquanta e sessanta sostiene queste posizioni come un dogma, a danno di un'altra fondamentale intuizione freudiana (quella della bisessualità naturale), sicché una scienza che inizialmente presentava ipotesi rivoluzionarie rispetto alle strettoie ideologiche del vittorianesimo finisce paradossalmente con l'allinearsi ai dettami della morale cattolica. Connell ricorda poi sommariamente i contributi di Adler, Jung, Horney e Reich, per passare infine ai modi in cui le scienze sociali, sorte dal positivismo ottocentesco, hanno dal canto loro finito col rafforzare una rigida distinzione tra i sessi fondata sulla biologia. Su tale distinzione opereranno fabbriche e aziende nel disegnare l'organizzazione del lavoro e i ruoli sociali che ne discendono.
Questo triplice punto di vista, sommato all'ampiezza del panorama geografico e sociale, conferisce all'opera di Connell una vastità di orizzonti inconsueta, che per altro verso obbliga l'autore a una trattazione sintetica e rapida. Ne risulta un libro svelto e scorrevole, che raccomanderei in particolare a insegnanti, psicologi e operatori sociali. Nell'ambito di una collana ricca di titoli femminili dall'impianto teorico assai più arduo, può ben funzionare come un'invogliante apertura alle problematiche del maschile e del gender, tuttora largamente ignorate in Italia.
La seconda parte di "Maschilità", nella quale il sociologo ci conduce "sul campo", incontro a un fascio di "case histories", accosta in modo abile e brillante storie individuali di figure maschili abbastanza tipiche e riconoscibili (giovani studenti, lavoratori, impiegati, professionisti metropolitani) a storie più singolari e talvolta sconcertanti, ma tutte allineate lungo il cangiante asse di un continuum sessuale che attraversa eterosessualità, bisessualità e omosessualità, e, insieme, tutti i luoghi sociali dove si elaborano e si praticano i codici della maschilità: dalle aule parlamentari alle associazioni professionali, dai campi sportivi alle scuole alle chiese alle palestre dove i "bodybuilders" costruiscono pazientemente la loro immagine ipervirile.
Il libro si conclude con una parte che investe direttamente questioni di azione politica. Credo sia istruttivo - e obbligatorio - per il lettore italiano osservare quanto diversi dai nostri siano i meccanismi sociali e ideologici che producono azione politica in un contesto anglosassone, ovvero di impronta protestante, ovvero statutariamente pluralistico e dunque intrinsecamente democratico. In assenza di negoziati tutti interni ai nostri schieramenti politici esistenti (partiti, sindacati, ecc.) si svilupperanno campagne di base, organizzate e autofinanziate dai più svariati gruppi indipendenti e/o settoriali su problemi specifici ("issues"), campagne tese in primo luogo a suscitare riflessioni e consapevolezza e adesioni, e solo in ultima istanza volte a far pressione, attraverso il "lobbying", sui deputati locali e federali coinvolti nell'azione legislativa.
Muovendosi all'interno di strutture e meccanismi a lui ben noti (e assai diversi dai nostri), Connell è in grado di coglierne le contraddizioni e le difficoltà e di prospettare, senza eccessivi ottimismi, qualche linea di azione da sviluppare in ambiti multipli e in momenti diversi: gruppi di autocoscienza, iniziative ecologiche, campagne per una migliore assistenza sanitaria, interventi nella scuola, accudimento paterno dei figli, un mutato atteggiamento verso gli sport violenti e verso il proprio corpo, e così via. L'autore resta tuttavia ben consapevole che la lotta contro il patriarcato la sviluppano più incisivamente le donne e i gay: "Un movimento maschile contro la maschilità egemone è condannato a essere debole. L'interesse generale che gli uomini hanno nel patriarcato è formidabile". Posto, appunto, che si tratti di un interesse alla fin fine intelligente, e portatore, oltre che di potere e di soldi, di benessere per sé e per gli altri. I cadaveri dei mafiosi allineati sui tavoli delle autopsie sembrano dimostrare il contrario.
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