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Anno edizione: 2000
Anno edizione: 2015
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Ho conosciuto Tomizza nel 1990, nel senso che dopo che tenne una conferenza a Male' ( Tn ) si sveglio', la mattina, nello stesso albergo nel quale, per alcune notti, anche i medici delle varie valli fummo ospiti per la ristrutturazione del Comprensorio, quindi facemmo colazione assieme. E parlammo di letteratura. Lui mi vide con un libro di Steinbeck, se non ricordo male era " uomini e topi " e mi chiese un parere sul testo, cosi', durante una colazione che duro' due ore, parlammo anche dei suoi libri che io avevo letto. Fumava in continuazione, ed ascoltava con un fare da confessore, poi ogni tanto puntualizzava cio' che io, ad altri, andavamo dicendo. Materada e' un lavoro stupendo, che lo relego' ad autore di " confine " poiche' tale e' l' argomentazione del romanzo, tuttavia il lavoro e' nella stessa misura : corale ed individuale li' quando affronta le dure argomentazioni storiche e famigliari che, a pretesto della narrazione illustrano i problemi di ognuno ed di ogni altrove. Tomizza e' sensibile, onesto, diretto, immerso in una fabula che puo' apparire minoritaria tuttavia lo colloca, paradossalmente, in una dimensione tutt' altro che di stretta definizione geografica, quanto piuttosto direi dell' ultimo mitteleuropeo. Le ultime pagine sono di pura poesia e nella premessa, sofferta, densa di phatos della partenza imminente e dei suoi antefatti e prodromici stati d' animo e nella scena, altrettanto ricca di puro erotismo, nella quale l' autore pur non scrivendo nulla di particolarmente od espressamente, diretto e piccante, dice tutto di un atto sessuale, peraltro, come dire : poco ortodosso nella sua messa in scena, in poche righe di una prosa essenziale che illustra, come prova, un grande talento.
Materada è un piccolo borgo vicino alla più grande Umago, in una terra di frontiera, questa dell'Istria, punto d'incontro di tante etnie (Italiani, Slavi e Croati), nei secoli assoggettati alla Repubblica Veneta, all'Impero Austro-Ungarico, all'Italia e infine inglobati nell'allora nascente Jugoslavia. E' una terra aspra, ricca di contrasti, che si riflettono anche nei suoi abitanti, perennemente diffidenti, e non solo a livello di etnie, ma anche all'interno di ciascuna di esse, in forza di quella precarietà del proprio luogo di vita che tutto condiziona e tutto contrappone. Al termine dell'ultima guerra mondiale, dopo lunghe trattative diplomatiche si definì un nuovo assetto territoriale che assegnò alla Jugoslavia gran parte della Venezia Giulia (in pratica quasi tutta l'Istria e le terre ad Est di Gorizia) dando luogo a un massiccio flusso migratorio dell'etnia italiana verso il nostro paese. Tomizza, che visse quei periodi, di questo parla in Materada, un romanzo corale, per quanto incentrato sulla famiglia Kozlovich, in cui si riflette l'esperienza personale dell'autore. E' un'opera in cui speranze, delusioni e rassegnazioni si avvicendano, emergono, si assopiscono, ritornano. E' palpabile lo stato d'animo degli italiani, l'emarginazione nei loro confronti del regime comunista di Tito, un intreccio di storie di tanta povera gente la cui unica e ultima scelta è di restare, perdendo la propria identità nazionale, o andarsene verso l'ignoto. E in questa storia se ne insedia un'altra, quella della rivendicazione della famiglia Kozlovich della terra dello zio, sulla quale hanno lavorato e dato il sangue, perché la terra deve essere di chi la lavora. Il romanzo è spesso crudo, la narrazione è pure sofferta, ma il ricordo della propria terra, quando riemerge, è autentica poesia, che raggiunge anche vertici sublimi, come nelle ultime pagine, con quella messa senza prete in cui tutti si ritrovano prima della partenza. Materada è semplicemente stupendo.
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