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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2000
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Charles T. powers era corrispondente da Varsavia per il "Los Angeles Times". Nel 1991, a 48 anni, lasciò tutto e si ritirò nel Vermont per scrivere La memoria della foresta. Nel 1996 morì. L’anno successivo il suo romanzo venne pubblicato. Questa è la brevissima storia di uno scrittore che lascia di sé una sola opera, e di un lungo romanzo che una volta chiuso si è contenti di avere letto e che, sia detto senza retorica, commuove per la sua onesta e semplice bellezza. Lo scenario è la Polonia di oggi, un immenso corpo sfiancato che volta le spalle alla storia nell’illusione di nascondere le proprie ferite: "La storia (...) per metà è tutta una bugia, mentre l’altra metà si regge sul tentativo di non ricordarne la parte peggiore". Leszek, il protagonista, è dedito alla vita dei campi, è orfano di padre, e divide con la madre e il nonno paterno una casa nel tranquillo villaggio di Jadowia. Tutt’intorno una gigantesca foresta lo protegge. In un fosso viene un giorno trovato il cadavere di un giovane amico del protagonista. Da qui il romanzo si mette in moto, sotto gli occhi stupiti di un Leszek alla ricerca di qualche risposta per le troppe domande che gli affollano la mente.
recensioni di Bajani, A. L'Indice del 1999, n. 04
"È come se la gente uscisse strisciando da sot-to una coperta, senza avere un’idea di quanto gli è stato fatto negli ultimi quarant’anni":
Leszek vive in questa condizione, in questa assenza totale di memoria storica. Ma dalla stessa terra secca su cui il protagonista cammina affiorano lentamente, come da crepe che l’inganno non ha potuto evitare, frammenti di passato: sono le immagini dell’occupazione nazista, i giochi di potere di un regime comunista a cui pochi sono rimasti estranei, ma sono soprattutto le migliaia di ebrei cancellati via dalla storia e confinati tra le mura di un cimitero fuori mano. Powers si è voluto calare in una realtà profondamente diversa dagli Stati Uniti; il suo è stato un atto d’amore, un voler restituire, di quel mondo, qualcosa. È così che ha lasciato un romanzo sofferto e intenso, che mescola il dolore individuale e quello collettivo, che cerca di addentrarsi in quella foresta troppe volte ostile che è la memoria di un paese.
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