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La memoria non ha palpebre - Luciana Moretto - copertina
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La memoria non ha palpebre
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La memoria non ha palpebre - Luciana Moretto - copertina
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Descrizione


"Ci troviamo di fronte ad una presenza 'rievocata' attraverso la parola poetica e questa rievocazione produce un qui e adesso della persona amata che ha una tradizione che possiamo quasi definire un genere lirico. (...) Strane epigrafi, verrebbe voglia di dire, dove è solo presente in misura ridotta il rimpianto, dove, ecco la sapiente tenerezza di Luciana, la consapevolezza che una felicità vissuta e ricordata ha saputo produrre un.incancellabile condizione, quella della gioia, perché la privazione della persona amata non è riuscita ad ammutolire la poetessa, la lontananza non ha sfocato i contorni di un volto e il tempo vissuto insieme ha predisposto un'altra idea del tempo e permesso, in diversa maniera, altre occasioni 'd'incontro'. Tutto questo ha contribuito alla costruzione di un discorso poetico privo di ogni minima traccia dell.enfasi del lutto (...) la poesia di Luciana Moretto ha saputo attraversare, o meglio, conquistare la terra di nessuno che da sempre esiste tra chi è rimasto e coloro che ci hanno lasciato. Parola ininterrotta, quasi senza punteggiatura, consapevolmente radicata nella poesia di questi anni, tesa alla ricerca di una ragione oltre le avventure che ha attraversato nel secolo appena trascorso." Dalla prefazione di Piero Marelli.
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Dettagli

2012
8 novembre 2012
64 p.
9788877994639

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alida airaghi
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Da un frammento di Emily Dickinson, il titolo di questa raccolta di poesie di Luciana Moretto sembra suggerire che chi ricorda non chiude mai gli occhi, continua a tenerli ostinatamente e nostalgicamente aperti su volti, voci, gesti delle persone che abbiamo amato e che ci hanno lasciato. "Che cos'è la poesia se non il perpetuo racconto di un'assenza, di qualcosa che continuamente manca e che paradossalmente e sempre ci insegue con la sua presenza?", scrive nella sua partecipe prefazione Piero Marelli. Una poesia che si propone di annullare la distanza, recuperando tempi e spazi messi in ombra, ma mai definitivamente cancellati, dalla morte di chi ci è stato caro. In questo caso, del fratello dell'autrice, che lei è certa di poter ritrovare in un'altra, più generosa e perenne dimensione: "sicura dell'eterna compresenza/ del tutto nella vita, nella morte", "certo prosegue di là, oltre il confine/ d'ombra il patto di alleanza che un'anima/ tiene accostata all'altra", "non arresa presenza, / garanzia di vita che continua" nella metafora di un asfodelo giallo reciso che persiste inspiegabilmente a rifiorire. Il fratello amato, le cui ceneri sono conservate in un'urna lontana, "nel continente estremo in vista/ del mare", torna vivo nella foto dell'infanzia, sollevato in braccio dalla madre orgogliosa dell'unico figlio maschio. O nel quaderno ritrovato, con i riassunti dell'Iliade, e nei suoi inquieti vagabondaggi intorno al mondo, di cui la sorella poetessa si faceva rassicurante tramite presso i familiari "perplessi". O ancora nell'eco di una telefonata gentile, nelle immagini allegre del giorno del matrimonio. Ma soprattutto nella poesia più delicata del volume, che raffigura il fratello "smagrito e stanco" intento a curare le rose del suo giardino: "Spesso la morte è gentile/ e ha buoni modi. Non toglie/ qualcosa di vistoso, le basta/ che muoia una cosa/ una sola, diversa ogni volta.// E così piano piano/ dalle tue mani ha tolto la rosa".

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