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Lentano dimostra come la censura, strumento di silenzio e di oblio da parte dei poteri forti (sia politici che religiosi) sia sempre esistita. Ma resta sorprendente scoprire, capitolo dopo capitolo, quanti scrittori, poeti e pensatori acclamati e semisconosciuti siano caduti sotto la lama affilata della scure censoria, più o meno subdola, impugnata da imperatori e tiranni. La letteratura nasce dunque a Roma sin dalle origini come espressione di potere, diretta perché i politici e gli aristocratici erano essi stessi scrittori, indiretta perché la produzione letteraria era appannaggio di varie figure legate per motivi clientelari o di schiavitù alle élite. Da Gneo Nevio (fine III secolo a. C.) ai filosofi e retori greci nel II secolo, dal commediografo Terenzio, alle repressioni e le deportazioni dell'"aurea" età augustea: il lungo esilio di Ovidio per aver scritto l'Ars amatoria, la censura "chirurgica" di Augusto che fece riscrivere a Virgilio il finale delle Georgiche, i roghi di oltre duemila "pericolosi" libri contenenti vaticini e profezie, dei libri di Tito Labieno e dei libelli di Cassio Severo. E ancora i roghi e le persecuzioni sotto Tiberio (Cremuzio Cordo, Fedro), le condanne a morte sotto Nerone (Marco Anneo Lucano, Seneca e Petronio) e Domiziano (Elvidio Prisco il Giovane), i roghi di Efeso nel 50 d. C. in cui vennero bruciati i libri di magia in contrasto con la religione cristiana, fino alla distruzione della Biblioteca del Serapeo di Alessandria d'Egitto nel 391 d. C. sotto Teodosio e all'uccisione di Ipazia (415 d. C.). Conservare la memoria significa vincere la battaglia contro la manipolazione della storia.
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