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La mente che scodinzola. Storie di animali e cervelli - Giorgio Vallortigara - copertina
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La mente che scodinzola. Storie di animali e cervelli
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Descrizione


Ci sono due idee sulle menti e i cervelli che diamo per assodate. La prima prende origine dalla concezione secondo cui esisterebbe una sorta di scala ascendente delle creature viventi, che vede collocate sui gradini più bassi le creature meno complesse e meno evolute e agli apici quelle più complesse ed evolute. Tale gerarchia si applicherebbe a tutte le strutture dell'organismo, cervello incluso. Vi sarebbe perciò anche una scala ascendente e progressiva delle funzioni mentali, con la sommità occupata dalla nostra specie. La seconda è l'idea che i cervelli servano a darci una rappresentazione veridica della realtà. Le due idee hanno in comune vari aspetti, tra cui quello, ritiene l'autore, di essere entrambe sbagliate. I biologi sanno che per gli organismi viventi non ha alcun significato parlare di specie più o meno evolute. Tutte le specie viventi sono egualmente evolute. La complessità della vita mentale è associata tradizionalmente al fatto che gli esseri umani avrebbero una migliore, più completa rappresentazione della realtà. Non c'è dubbio che il confronto tra le diverse specie riveli capacità differenti. Ma gli etologi hanno compiuto grandi progressi nello studio della comunicazione animale quando si sono resi conto della falsità dell'assunto secondo il quale la comunicazione serve a trasmettere informazioni veridiche. In natura la comunicazione animale serve principalmente per ingannare e imbrogliare.
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Dettagli

2011
1 dicembre 2011
Libro universitario
224 p.
9788861841918
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Indice


Indice

Tra canili, pollai e laboratorio

1. Due idee sulle menti

2. La mente che scodinzola

3. La destra, la sinistra e il cervello

4. Il più intelligente del reame

5. Fisica nel pollaio

6. Mangereste le uova di questa gallina?

7. Donne, scienza e cervelli

8. Gli autistici savant e la mente degli animali

9. Menti loquaci e silenziose

Interludio

10. La Vergine, i filosofi e la scimmia che non vedeva nulla

11. Alex pensa

12. Dizionario: Intelligenza

13. Dizionario: Linguaggio

14. Dizionario: Futuro. Dalle stalle alle stelle

15. Come il cervello riconosce gli oggetti animati

16. Perché l'evoluzione ha creato Dio (e non viceversa)

17. La legge morale: dal cielo stellato o dentro di noi? (con Vittorio Girotto)

18. Creduloni nati

19. Unico e originale

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Serena
Recensioni: 5/5

Interessante e scorrevole testo sulla cognizione animale e quella umana. Scritto in maniera efficace ma assolutamente divulgativa, scorrevole come un romanzo, è fonte di importanti esperimenti e offre grandi spunti di riflessione. Consigliatissimo!

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Valeria
Recensioni: 4/5

Piacevole, divertente, interessante

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Riccardo
Recensioni: 5/5

Molto interessante! scritto in modo chiaro ed accessibile a tutti. L'autore racconta le ultime ricerche nel campo delle scienze cognitive sia sugli animali che sugli esseri umani, senza mai annoiare. Assolutamente consigliato.

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Voce della critica

  "Per molto tempo si è ritenuto che i bimbi venissero al mondo pressoché privi di conoscenze. Tabulae rasae sulle quali l'esperienza e l'apprendimento avrebbero tracciato i loro segni. La ricerca cognitiva degli ultimi anni ha completamente demolito questo punto di vista". È una delle affermazioni più importanti e pregne di conseguenze di questo libro affascinante, che si legge come un racconto e che illustra con una raffinatezza che non scade mai in pedanteria la storia naturale delle menti, descrivendo le modalità che la selezione ha inscritto nel funzionamento del cervello umano e animale. Si scopre così che i piccoli nostri e di altre specie animali nascono con un robusto corredo di dotazioni biologico-cognitive, che rappresentano il risultato di una sorta di apprendimento di specie con cui interagisce poi l'apprendimento dell'individuo. Di questo corredo fanno parte: la fisica intuitiva (compresa l'impenetrabilità dei corpi, la necessità di un agente come causa del moto, e in genere una vigorosa nozione di causalità); alcune raffinate nozioni relative al numero, che consentono operazioni aritmetiche elementari su insiemi poco numerosi; alcune cognizioni spaziali (compresa la metrica e la distinzione destra-sinistra); la capacità di distinguere nettamente oggetti inanimati e animati (questi ultimi mossi da scopi e pervasi da intenzioni ostili o amichevoli), con una netta attrazione verso gli oggetti animati, attrazione che è alla base della vita di relazione e prim'ancora delle strategie di corteggiamento, caccia e fuga. Questi lasciti dell'evoluzione sono inscritti nella nostra costituzione biologica e hanno effetti importanti sull'interazione con il mondo: in primo luogo filtrano le esperienze e le percezioni; in secondo luogo rendono possibile e facilitano l'apprendimento dei fenomeni fisici e sociali a livello individuale; in terzo luogo possono essere d'ostacolo all'interpretazione scientifica del mondo quando essa si discosti dal "senso comune", cioè appunto dalle conoscenze ereditate. L'ultimo punto potrebbe spiegare le difficoltà che gli umani mediamente incontrano nell'accettare il darwinismo e la loro propensione verso il soprannaturale e le superstizioni: si tratta di tenaci residui evolutivi che si oppongono alle "irragionevoli" spiegazioni della scienza, ma sono residui che hanno avuto e in parte hanno ancora un elevato valore di sopravvivenza nel mondo. Ogni specie vive e si riproduce grazie alla mente che le ha fornito la coevoluzione, che in genere non prevede molto spazio per la logica formale o per le raffinate forme che assumono le proposizioni della scienza. La funzione di filtro delle conoscenze ereditate fa sì che, come aveva già notato Warren McCulloch nel suo articolo Che cosa l'occhio della rana dice al cervello della rana, ogni specie percepisca il mondo a modo suo, sicché non ha molto senso dire che la selezione naturale ha plasmato le nostre percezioni per fornirci un'immagine veridica del mondo: "Piuttosto per ingannarci sufficientemente bene per sopravvivere nel mondo". Ovviamente l'immagine della realtà che ciascuna specie possiede è sintonizzata con il mondo, cioè è abbastanza in accordo con esso da evitarle errori grossolani e fatali (altrimenti non saremmo qui a discuterne), e in questo senso tutte le specie sono egualmente evolute. Noi occidentali, forse seguendo l'esempio per certi versi nefasto dei Greci, abbiamo esagerato l'importanza della verità: ciò che conta è la vita (Kafka nel Processo afferma che la logica è ferrea, ma non resiste a un individuo che vuol vivere). Resta il problema di come lo sperimentatore percepisca il mondo del laboratorio e quale valore di verità o conformità al mondo abbiano, di conseguenza, le sue asserzioni. Più in generale resta il problema della conformità della scienza al mondo, visto che anche la scienza è costruita a partire dalla nostra struttura biologica ed è da essa filtrata (è un po' il problema che si poneva Eugene Wigner quando parlava di "irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali"). Un'altra conseguenza dell'eredità cognitiva incarnata nelle strutture biologiche è che "non è sensato ritenere che i cervelli maschili e femminili siano tavolette di cera assolutamente identiche alla nascita, sulle quali società e cultura imprimerebbero le loro preferenze (o i loro pregiudizi)": asserzione forte e scomoda per molti, forse, ma assolutamente plausibile sulla base della somiglianza che tali preferenze manifestano in culture e società distinte, isolate tra loro nel tempo e nello spazio. Per non parlare della differenza maschile-femminile in altre specie animali. Insomma, la differenza organica e ormonale primitiva tra maschio e femmina induce (o è associata a) tutta una cascata di differenze ad altri livelli. Anche la cultura, come la rappresentazione del mondo, è filtrata dai fondamentali biologici. Tra questi fondamentali o primitivi biologico-mentali, Vallortigara elenca la propensione alle spiegazioni causali, basata sulla distinzione primaria tra oggetti inerti e oggetti animati, da cui scaturiscono rispettivamente la fisica intuitiva (largamente condivisa con altre specie) e la psicologia intuitiva; un dualismo primitivo che distingue tra menti e corpi e che è alla base della nostra credenza negli spiriti, negli dei e nella vita dopo la morte; un'ipertrofia del sistema che tratta gli oggetti animati, in particolare gli altri membri della nostra specie, e la "conseguente inclinazione a inferire e ad attribuire desideri e obiettivi laddove questi non esistono. Tale ipertrofia costituirebbe il fondamento cognitivo della nostra propensione al creazionismo", che dunque è profondamente radicato in noi, tanto da sfidare con successo le spiegazioni alternative (l'evoluzione, di cui pure l'attaccamento al creazionismo è figlio). Inoltre, pare che "l'atteggiamento teleologico sia parte di un adattamento innato a trattare i fenomeni del mondo naturale-biologico", per cui a domande del tipo "a che serve un leone?" i bambini rispondono "per andare allo zoo". Insomma "i bambini concepiscono i fenomeni naturali come qualcosa di progettato intenzionalmente, ma da entità che non sono umane", da cui la conclusione per certi versi sorprendente: "Le credenze soprannaturalistiche non debbono essere considerate sinonimo di immaturità mentale, bensì il sottoprodotto naturale di una mente che si è evoluta per pensare in termini di obiettivi e intenzioni". Anche il concetto di Dio si inquadra in questa visione naturalistico-evolutiva, un Dio inteso come agente causale primo, diverso dagli agenti umani, ma diverso anche dal Dio di Spinoza o dal Dio di Einstein, che richiedono un'elaborazione filosofica estremamente raffinata. Non si può certo esaurire la ricchezza di questo libro nelle poche righe di una recensione: bisogna leggerlo, sia per comprendere il cammino che porta dall'umile e utile pulcino a Dio, sia per scoprire il perché di un titolo così curioso. Ma soprattutto per capire molte cose sull'evoluzione che ci ha portato fin qui. Giuseppe O. Longo

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Conosci l'autore

È professore ordinario di neuroscienze e direttore Vicario del Center for Mind/Brain Sciences dell'Università di Trento. È anche Adjunct Professor presso la School of Biological, Biomedical and Molecular Sciences dell'Università del New England, in Australia. È autore di più di 170 articoli scientifici su riviste internazionali (con oltre 3000 citazioni) e di alcuni libri a carattere divulgativo: Altre Menti (Il Mulino, 2000), Cervello di gallina. Visite (guidate) tra etologia e neuroscienze, (Bollati-Boringhieri, 2005, vincitore del Premio Pace per la divulgazione scientifica nel 2006) e del recente Nati per credere (con V. Girotto e T. Pievani, Codice, 2008). È nell'editorial board delle riviste scientifiche internazionali....

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