Nel mondo greco la guerra è endemica come la carenza d'acqua: connaturata e consustanziata alla natura stessa della polis, essa muta soltanto ordine di grandezza, declinandosi dalla scala pulviscolare delle innumerevoli dispute di confine, a quella regionale delle contese per l'egemonia, fino alla scala universale delle guerre tra mondi, come quella contro il gigante persiano. Il protagonista rimane invece sempre lo stesso, almeno nell'immaginario comune: il cittadino-soldato, che combatte da oplita, accanto al compagno d'armi concittadino. In gioco non c'è soltanto la vita, ma il bene comune supremo: l'integrità e la libertà della patria. Un'efficiente macchina propagandistica, nutrita di infiniti esempi letterari, ha infatti plasmato e perfezionato nel tempo la retorica della morte in battaglia funzionale a uno stato di guerra permanente. I mercenari invece sono mere comparse, sulle quali gravano sospetti negativi: avidità, inaffidabilità e propensione al tradimento. Il libro di Bettalli dimostra che i professionisti delle armi furono in realtà presenze tutt'altro che occasionali e marginali. Attraverso lo studio e la comparazione di una grande mole di testimonianze, tratte da fonti letterarie, ma anche dalla documentazione epigrafica ed archeologica, l'autore ritrae un mondo molto meno manicheo, dove i cittadini fanno talvolta i mercenari e i mercenari aspirano a farsi cittadini: una massa di uomini quasi sempre senza nome, che prestarono servizio ai quattro angoli del mondo greco. La vasta materia è organizzata geograficamente attraverso i luoghi della committenza: la Grecia, l'Egitto, l'Oriente, l'Occidente (Sicilia e Magna Grecia) e il Nord Egeo (Tracia e Macedonia). L'arco cronologico considerato è compreso tra l'età che vide la formazione della polis (VIII-VII secolo a.C.) e quella che ne segnò la fine, a seguito della conquista macedone (323 a.C.). In questo lungo periodo la figura del mercenario mutò profondamente. Se agli albori troviamo gli aristocratici omerici (vagabondi pronti a farsi pirati o a offrirsi come soldati a pagamento), all'estremo opposto ci sono i guerrieri di professione alla perenne ricerca di una guerra, quale che sia, come i soldati in forza ai Focidesi nella Terza Guerra Sacra (356-346 a.C.), le cui vicende sono seguite per oltre quindici anni attraverso molteplici campi di battaglia. In mezzo rimangono per lo più soltanto i mercenari etnici: gli Arcadi, gli Achei, i Cretesi, i Cari, gli Etoli, popoli che fecero della guerra una regolare e costante fonte di reddito, divenendo nel tempo veri professionisti. Dalla massa indistinta emergono pochi condottieri, quasi sempre anche autorevoli strateghi ateniesi, le cui gesta sembrano precorrere quelle dei capitani di ventura medievali (Ificrate, Cabria, Carete, Caridemo), e alcune figure più sfuggenti di mercenari certi o plausibili, per i quali l'autore tenta di delineare impossibili biografie (Archiloco, Ceratada). Su tutti troneggia Senofonte, e non poteva essere altrimenti. La sua Anabasi, il racconto del viaggio di ritorno al Mediterraneo che i greci al servizio del persiano Ciro compirono dalla Mesopotamia, offre infatti lo spaccato più dettagliato e realistico della vita mercenaria, vista dall'interno: il reclutamento, la gerarchia, la paga, l'approvvigionamento, le attività svolte nelle lunghe pause tra una battaglia e l'altra. Daniela Marchiandi
Leggi di più
Leggi di meno