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Indice
"Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo” raccoglie 23 articoli di Leonardo Sciascia dedicati al genere giallo. Gli scritti, che risalgono a varie epoche della vita dell’autore e testimoniano di un‘attenzione costante per il genere, sono stati accuratamente raccolti e riordinati dal curatore Paolo Squillacioti in sezioni che rimandano a precisi nuclei tematici. La prima è intitolata “Storia e funzione del giallo” e presenta gli articoli dedicati alla genesi, ai meccanismi e figure del giallo classico. La seconda sezione, vero nucleo portante dell’intera raccolta, è dedicata al “Commissario Maigret” e illustra l’interesse di Sciascia per il personaggio di Simenon. L’ultima sezione intitolata “Giallisti al lavoro” comprende una serie di ritratti e giudizi acuti sui maestri del giallo.
Questo libricino fornisce molte informazioni e spunti interessanti sull'evoluzione dei romanzi gialli,dalla tecnica alle scelte culturali degli autori.Ho apprezzato particolarmente le riflessioni di Sciascia su Agata Christie e Simenon a conferma delle sua grande lucidità e precisione chirurgica nell'espressione di un concetto.Non c'è una parola in questa raccolta di saggi che sia superflua anche se non ho molto gradito la mancanza di continuità nell'assemblaggio dei vari saggi insieme.
Un libro di piccole dimensioni ma di grande contenuto. Non proprio un saggio coerente (gli articoli sono piuttosto slegati anche se con un filo comune) ma di certo un'analisi lucida e geniale della narrativa di genere. Con una decisa passione per Simenon, assolutamente condivisibile.
Recensioni
Sciascia, perché il “giallo” è una cosa seria…
Cosa penserebbe Leonardo Sciascia degli incalliti “professionisti del giallo” del presente? Come giudicherebbe i produttori seriali di noir, polizieschi, thriller di ogni latitudine (Scandinavia, Stati Uniti), alcuni dei quali spacciati per campioni di stile a cui è impossibile rinunciare? Che opinione avrebbe di penne, anche italiane, specializzate solo nel ripetere una stanca formula, tirarla per le lunghe con personaggi improponibili e magari capaci di tirare in ballo lui, Sciascia, dichiarandosene discepoli, ammiratori ed emuli? Non li terrebbe in gran considerazione, probabilmente. Oggi il giallo – ci sono le eccezioni, naturalmente – si sta appiattendo su storie più d’effetto che di contenuti, raccontando, semplicemente, un mistero e la sua soluzione. Troppo poco.
Già nel 1989, anno della sua morte, Sciascia sentiva puzza di bruciato; avvertiva che il giallo classico cominciava ad avere il fiato corto, specie se affidato alle mani di scrittori di genere. Scriveva, il maestro di Racalmuto, in un articolo dedicato al misterioso Geoffrey Holiday Hall (probabilmente uno pseudonimo, solo due titoli all’attivo, attualmente nel catalogo Sellerio): «Il giallo è sempre stato il mio viatico ferroviario. Un po’ meno, per la verità, in questi ultimi anni: non dismessa l’abitudine di acquistarne uno o due prima di salire sul treno, ma abbandonata la lettura dopo le prime dieci o massimo venti pagine: ché sarà una decadenza di questo genere di racconto, il suo estenuarsi e ripetersi, ma il fatto è che raramente, molto raramente ormai, riesco a trovarne uno che più o meno straccamente mi invogli a leggerlo sino allo scioglimento, alla soluzione». Invocava, lo stesso Sciascia, una rinascita della formula del giallo, applicabile con un passaggio di mano, da autori di genere a scrittori tout court.
L’articolo dedicato a Geoffrey Holiday Hill è uno dei ventitré che costituiscono Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo, novità in libreria. Questo volume che Adelphi pubblica nella Piccola Biblioteca – a cura di Paolo Squillacioti, ennesimo tassello dell’opera omnia di Sciascia che la casa editrice di Roberto Calasso sta costruendo dal 1986 – raccoglie scritti sparsi dell’autore di «A ciascuno il suo» e «Todo modo», e nasce da un’idea di Laura Sciascia, figlia di Leonardo, e Vincenzo Campo, bibliofilo siciliano trapiantato a Milano, dove ha fondato le raffinatissime edizioni Henry Beyle (che hanno pubblicato, in copie limitate e numerate, alcuni brevi testi di Sciascia, l’ultimo è Mezza paga).
Che cosa emerge da questa collezione di testi brevi di Sciascia è presto detto. Di certo – oltre a riflettere «sull’ambigua ragione per cui si scrivono gialli» e a stendere un piccolo canone – le predilezioni di una vita: Augusto de Angelis, Gilbert Keith Chesterton, William Riley Burnett, che non a caso puntellano felicemente il catalogo Sellerio, specie nei primi anni frutto di tante sue intuizioni. E poi Simenon, su tutti, e su cui periodicamente, negli anni, tornava come lettore e nelle vesti di saggista, scrivendone su quotidiani e riviste. Certamente in Italia, quel che adesso è assodato, ovvero che Simenon è un grandissimo scrittore, Sciascia lo sostenne a più riprese in tempi non sospetti, contrapponendolo alla scuola hard-boiled americana e, in particolare, a Dashiell Hammett: «…in Hammett – scrive Sciascia – la tecnica non riesce a riscattare la materia narrativa; mentre in Simenon è connaturata ad essa, è stile, è umanità». Una frase – con la consueta asciuttezza – che dice molto più di tanti saggi.
Recensione di Salvatore Lo Iacono
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