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Fabio Grimaldi, nato a Macerata nel 1968, ha esordito giovanissimo in poesia con la raccolta "Il vero della vita". Da allora si è mantenuto fedele, nei suoi versi, a un dettato lineare, pulito, volutamente sottotono, facendo della discrezione la sua cifra stilistica. E nei contenuti ha optato per una apertura solidale, quasi francescana, verso gli aspetti più umili e insieme lietamente, ingenuamente spirituali dell'esistenza. In questo libriccino pubblicato da Lietocolle, "Mi chiamo Barbone", Grimaldi assume la voce e i pensieri, i tremori e le rabbie di uno dei tanti senzatetto che affollano le nostre città, e tentano di sopravvivere nella miseria più squallida, quasi rassegnati all'indifferenza del prossimo. Senza più identità ("Mi hanno chiesto il nome. / Ma io non lo so più!"), senza fede ("Non so nulla di Dio./ Qui non è mai venuto."), senza alcun possesso materiale ("Le mie cose sono tutte / in questa busta di plastica"), il barbone di Grimaldi patisce freddo e fame, valutando con qualche ironia la carità spilorcia dei passanti ("Mi hanno regalato un paio di scarpe./ Due numeri in più!// Diamine, / sono pinne non scarpe!"; "Se mi danno un euro / o mi offrono un caffè, loro / si sentono bene, / hanno fatto la carità!// Dormono con la coscienza a posto!// Allora, buonanotte!"). Eppure, riesce a trovare una sua personale salvezza nell'amicizia con altri diseredati: un' Annamaria a cui regala una scatoletta di tonno, i luoghi in cui passa le giornate e le notti ("La strada, i porticati, / la stazione, i ponti, i giardini, / sono i miei amici"), il cane che non lo abbandona mai. E il poco di cui vive gli basta, non lo rattrista: "Non mi sento povero. / Possiedo il tempo, / tutto il tempo che voglio / e poi i posti, // tutti i posti che voglio". Quindici poesie volutamente povere, forse eccessivamente mortificate nello stile e nelle immagini per il desiderio di immedesimarsi in un'esistenza ai margini, rappresentano questo nuovo lascito letterario di F.Grimaldi.
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