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La mia Russia - Dimitrij Sergeevic Lichacev - copertina
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Descrizione


Un grande libro di ricordi che trascende il puro ambito memorialistico. Nelle pagine dell'illustre studioso russo rivivono non solo le vicende di una vita straordinaria per le qualità intellettuali del protagonista, ma l'intera parabola di un difficile secolo.
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Dettagli

1999
16 novembre 1999
9788806145514

Voce della critica


recensioni di Valle, R. L'Indice del 2000, n. 05

La memoria è una categoria centrale per comprendere la vita e l'opera di Dmitrij Licha∞ëv, filologo e storico della cultura nato a San Pietroburgo nel 1906 e morto il 30 settembre 1999. In tal senso, perciò, le "memorie" di Licha∞ëv (per la traduzione in italiano è stato inopinatamente scelto un titolo alla Karen Blixen e vagamente nostalgico, La mia Russia) sono il compimento del percorso intellettuale e umano di una delle personalità più eminenti (insieme a Michail Bachtin) di quel Novecento russo che ha contrapposto "la polifonia della democrazia intellettuale" alla "cultura monologica" della dittatura del proletariato.
Fin dai suoi esordi, secondo Licha∞ëv, il potere sovietico ha mirato a distruggere ogni forma di polifonismo, sprofondando la Russia-Urss nel silenzio, nell'unanimità e nella "noia mortale". Nell'epoca di una prolungata ed estenuata "agonia della cultura", il compito di Licha∞ëv è stato quello di dare un seguito al fulgido passato di quel "secolo d'argento" della cultura russa (un secolo durato appena venticinque anni, tra fine Ottocento e inizio Novecento) contraddistinto da "conversazioni e chiacchierate libere e franche" dalle quali scaturivano nuove idee e considerazioni originali.La memoria, perciò, non è un nostalgico richiamo al passato, ma il tentati-vo di ritessere la trama della storia e della cultura riannodando quel "nesso dei tempi" che la rivoluzione del 1917 aveva voluto recidere.Nel settantennio sovietico la memoria (individuale e collettiva) ha impedito che un intero patrimonio culturale e umano andasse perduto (basta pensare alle opere di Sol√enicyn e ≥alamov) o cancellato e occultato dalla menzogna dei documenti ufficiali.
Da questa convinzione è scaturita la scelta di Licha∞ëv di dedicarsi, con un "senso di pietà mista a tristezza", alla letteratura e all'arte dell'antica Rus' per serbarne il ricordo "come un figlio che, al capezzale della madre morente, desidera imprimersene l'immagine nel-la memoria".La Weltanschauung dello studioso russo ha origine nell'intuizionismo di Bergson e Losskij e nelle "questioni maledette" poste da Dostoveskij, e si fonda sulla negazione del tempo come "grandezza assoluta".Se il tempo fosse la misura di tutte le cose allora avrebbe ragione il protagonista di Delitto e castigo, Raskol'nikov: "tutto si dimentica, tutto passa e quel che resta è l'umanità 'resa felice' dai crimini finiti nel 'non essere'".Collocando la durata storica nella prospettiva dell'Apocalisse cristiana e del neoplatanismo russo d'inizio Novecento, Licha∞ëv afferma che il passato esiste ancora in milioni di esistenze, mentre il futuro esiste già: la percezione del tempo, perciò, è solo la forma della percezione di una realtà extratemporale monolitica. Passato e futuro esistono solo in una comune "unitemporalità" che si pone al di là dello specchio della rappresentazione.
Sfuggendo al tempo come grandezza assoluta, la memoria va collocata anche nello spazio. Non solo le persone, ma anche i luoghi sono infatti protagonisti delle memorie dello studioso russo: in particolare Pietroburgo-Leningrado e le isole Solovki.Una parte del libro è dedicata alla topografia intellettuale della Pietroburgo prerivoluzionaria e all'assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale; ma luogo della memoria, del quale è descritta la topografia culturale e criminale, è anche l'arcipelago delle isole Solovki nel mar Bianco, sia come "complesso storico-culturale" (dal XV secolo uno dei più importanti centri del monachesimo russo ma anche, a partire dal XVIII secolo, prigione dell'impero zarista), sia come lager sovietico nel quale Licha∞ëv soggiornò dal 1928 al 1932.
Scrivendo le sue memorie, Licha∞ëv si pone due obiettivi: ricostruire il processo di formazione del proprio io e dissipare la leggenda sulla genesi e gli sviluppi del "terrore rosso", che non è iniziato con Stalin, ma nell'autunno del 1918 con Lenin.Nel ricostruire le principali tappe della sua formazione, Licha∞ëv rivendica una duplice genealogia: la stirpe naturale, quale discendente di una famiglia della buona borghesia pietroburghese, e la stirpe intellettuale, quale discendente dell'"insurrezione creativa" messa in atto dall'intelligencija russa agli inizi del Novecento.Nei ricordi d'infanzia questi due piani si intersecano sia quando Licha∞ëv descrive la topografia intellettuale di Pietroburgo nel primo quarto del XX secolo, sia quando racconta di Kuokkala, località oltre il confine finlandese dove andavano in villeggiatura la sua famiglia e l'intelligencija pietroburghese.
La prima fase della Bildung estetico-culturale di Licha∞ëv si concluse nel periodo culminante della ristrutturazione proletaria dell'università con la laurea in etnolinguistica (così era stata ridefinita la filologia).Da questa prima fase derivano due capisaldi della sua attività intellettuale e scientifica: lo studio dell'interazione tra natura e storia, che considera inconsistente e risibile quell'antinomia tra natura e cultura sostenuta da Rosseau, Tolstoj e dai populisti russi; e lo studio dell'interazione tra arte e letteratura, quale approfondimento del carattere nazionale russo.
La seconda fase della formazione di Licha∞ëv si aprì tragicamente l'8 febbraio 1928 con l'arresto e con la deportazione nelle isole Solovki: la permanenza nel gulag è definita "il periodo più importante" della vita dello studioso, una "seconda università" più valida della prima, perché l'intelligencija solovkiana era di gran lunga superiore a quella sovietica.Licha∞ëv (insieme a Bachtin) era accusato di aver partecipato all'attività dei circoli filosofico-religiosi: il più importante di questi circoli era la Confraternita di Serafino di Sarov, che si era schierata con il metropolita Iosif contro il metropolita Sergij, che negava le persecuzioni del potere sovietico ai danni della Chiesa ortodossa. Licha∞ëv aveva partecipato anche all'attività dell'Accademia cosmica delle scienze: una parodia dell'Accademia sovietica delle scienze, propugnante l'affermazione di una "gaia scienza" volta ad arricchire il mondo con nuove scoperte contro la noiosa e semplificatrice dottrina marxista.Nell'Accademia cosmica regnava quello "spirito carnascialesco" che verrà esaltato da Bachtin nelle sue opere su Dostoevskij e Rabelais.Licha∞ëv descrive in termini carnascialeschi anche la topografia delle Solovki: metà gulag, metà museo, l'arcipelago era un enorme "formicaio", un mondo "criminale e vergognoso" nel quale si conduceva una vita tanto assurda da non sembrare vera. Questo mondo di sofferenze e di tormenti veniva rivestito di ridicolo dall'intelligencija solovkiana che rilevava l'assurdità e l'idiozia dell'universo concentrazionario, come nel caso della visita di Gor'kij nel 1929 tesa a mostrare al mondo che non esistevano in Urss gli orrori del lager.In quell'occasione Lichacˇëv intervenne con una relazione paradossale nella quale dimostrava che essere internati nel gulag era una libera scelta individuale, perché ognuno è artefice del proprio destino.Lo studioso russo paragona l'intelligencija solovkiana alla "Torre" di Vja∞eslav Ivanov, uno dei circoli intellettuali più importanti dell'"età d'argento" del primo Novecento.Nella galleria di ritratti di "gente delle Solovki" spicca la figura del filosofo Aleksandr Aleksandrovi∞ Mejer (1874-1939), che in gioventù era stato marxista rivoluzionario e in seguito aveva aderito con Ivanov all'anarchismo mistico, diventando, nei primi del Novecento, un importante esponente della Società filosofico-religiosa pietroburghese e un irriducibile nemico del bolscevismo.Le riflessioni di Mejer sull'allegoria e sul mito (che anticipano in parte quelle di Lévi-Strauss, Malinovskij e Jung) sono state fondamentali per la formazione della Weltanschauung dello storico russo.L'incontro con Mejer permise a Licha∞ëv di riannodare il nesso dei tempi con la cultura pietroburghese prerivoluzionaria e di apprendere quell'arte conversatoria russa dalla quale nascono sempre nuove idee e scoperte.Nel 1932 Licha∞ëv (dopo aver lavorato nell'archivio centrale del cantiere per la costruzione del canale Mar Baltico - Mar Bianco) lasciò il gulag e riprese i suoi studi filologici reinserendosi faticosamente nella vita civile e nella vita accademica (fino a diventare direttore della sezione di letteratura russa antica dell'Istituto Pu≤kin dell'Accademia delle scienze).Pur essendo stata emendata la sua posizione penale, sul piano ideologico negli anni del potere sovietico Licha∞ëv non è mai stato pienamente riabilitato e, sebbene sia diventato uno studioso di fama internazionale, la sua opera è stata oggetto di una serie di stroncature e di aggressioni fisiche.
Il maggior successo di Licha∞ëv consiste nel non essere venuto meno al suo mandato di intellettuale, impegnato, in funzione dell'"ecologia della cultura", a custodire la memoria del passato storico della Russia in nome di un patriottismo polifonico che si contrappone apertamente al gretto nazionalismo e allo sciovinismo aggressivo.Ponendosi al di là della tradizionale contrapposizione tra occidentalisti e slavofili, Licha∞ëv sostiene che una cultura deve essere "aperta": in tal senso, perciò, il retaggio europeo è una componente essenziale della struttura culturale della Russia e ne caratterizza, in larga parte, l'autocoscienza e l'identità.

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