La mia vita per la libertà. L'autobiografia del profeta della non-violenza

Chi si ricorda che cosa ha fatto Gandhi? Uhm... Poche mani alzate. Ha cercato continuamente, per tentativi ed errori, cosa sia giusto pensare e fare soprattutto in circostanze drammatiche. Leggendo questo memoriale familiarizziamo con i concetti di ahimsa (non violenza), aparigraha (rinuncia al possesso), satyagraha (resistenza civile oltreche' metodo di auto-purificazione) e una forma di vegetarianesimo che puo' apparire estrema, se non stravagante, ma che in realta' e' coerente con il suo percorso. Molto intense le pagine della sua infanzia e adolescenza, in particolare quando la famiglia lo fa sposare a soli 13 anni: un'ingiustizia cui non pote' ribellarsi. Seguono poi gli studi da avvocato in Inghilterra e il periodo straordinario in Sud Africa, dove scopre il modo infame in cui la comunita' indiana - in particolare i poveri - viene trattata e decide di porvi rimedio assieme ad un gruppo di volenterosi. Dire che la sua azione sia stata miracolosa e' poco, soprattutto se confrontata a quella successiva nella sua India. Insomma, tra avventure e disavventure trovano posto perle di saggezza, ad esempio sulla sua professione ('la vera funzione dell'avvocato consiste nel riappacificare i contendenti che si scagliano l'uno contro l'altro') oppure sulle privazioni volontarie ('il digiuno e' utile quando la mente collabora con il corpo affamato, cioe' quando genera un'avversione per cio' che si rifiuta al corpo'). La parte piu' difficile da mandar giu', pero', e' quando spiega che bisogna separare l'azione compiuta dall'agente: se un tizio ci prende a pugni non dobbiamo odiarlo, bensi' provare per lui rispetto o quantomeno pieta'. Dev'essere l'atto, non la persona, da contrastare. Tu saresti d'accordo? Oppure senti questa: 'e' giusto opporre resistenza ad un sistema e anzi combatterlo, ma resistere e combatterne i promotori e' come ritorcersi contro se' stessi'. Avra' anche ragione, ma la cosa mi da' ancora qualche problema.