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La messa dell’uomo disarmato, il bellissimo romanzo di Luisito Bianchi, non avrebbe potuto esistere se non ci fosse stato un periodo di esperienza, non tanto a contatto con il mondo, ma essendo parte integrante di esso. L’umile sacerdote cremonese realizza questa sua discesa nei problemi concreti di ogni giorno diventando operaio, per sostentarsi, ma, soprattutto, per comprendere. Questo suo apparente ritorno alla laicità è il mezzo per rispondere ai dubbi della fede, ma è anche la concretizzazione di quel grande valore cristiano che è la gratuità. Giorno per giorno Luisito Bianchi ha annotato sul diario le impressioni della sua esperienza di prete operaio e talvolta queste si ripetono, anche con sfumature diverse, perché l’avvicinamento all’assoluto di un’anima avviene necessariamente per gradi. Il rapporto fra fede e chiesa, fra uomo di fede e uomo parte della comunità degli altri uomini, anzi di una categoria sempre disagiata quale quella operaia, sono i temi che vengono alla luce e donano corposità e valenza all’opera, perché sono del tutto veritieri e reali. I problemi di ogni giorno, materiali per gli operai, soprattutto spirituali per Luisito, scorrono in queste pagine come rivoli, torrentelli che poi vengono a confluire nel grande lago della rivelazione di un servo di Cristo che del suo verbo ha fatto l’unico modo di vita, povero fra i poveri, oppresso fra gli oppressi, paria fra i paria. Ne emerge un quadro personale di grande spiritualità, ma anche una visione del mondo operaio di quegli anni, non sfiorato dal ’68, come mai era stata realizzata. Senza indulgere ad atteggiamenti politici Don Luisito porta la sua parola fra i lavoratori, una parola fatta di esempio, di amicizia, di condivisione, e a sua volta riporta a noi le parole spesso mute di un’umanità sofferente, ma dignitosa, uno scambio di lealtà che sancisce quell’eguaglianza di uomini che solo l’egoismo di pochi ha soffocato. Da leggere senz’altro e da far leggere, perché è un’opera unica di grande valore storico e spirituale.
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