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Anno edizione: 2010
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in ottavo 145 9788806202743 Ottimo (Fine) Libro usato proveniente da collezione privata.La copertina riporta piccole tracce d'uso. Le pagine risultano lievemente imbrunite dal tempo. All'interno in ottime condizioni..
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La combo Divina Commedia e Benigni non può che funzionare. Unica pecca è che è corto, troppo per chi vuole un'immersione profonda nel mondo di Dante.
L’indubbio merito di B. è di aver (ri)acceso la luce su Dante. Di aver cioè recuperato l’originaria dimensione popolare propria della Commedia. Di portare e innalzare – come rare volte avviene - l’interesse del pubblico televisivo al ‘paradiso’ della poesia. Inaccettabile il ‘salto’ dal XXXIII canto (il penultimo dell’Inferno) all’ultimo del Paradiso. Nessun cenno al Purgatorio: salto ardito e ingiustificato. O forse giustificato dal titolo «Il mio Dante». L’Autore ha alcune intuizioni interessanti. Su ‘Paolo e Francesca’, Ulisse, sull’ultimo canto del Paradiso. Ad esempio. Spiegando la visione di Dio, dice: «È come se Dante sognasse qualcuno che ha sognato d’aver visto Dio». Ma altre discutibili. Come quando afferma «… non è il vero che fa il bello, ma il bello che fa il vero». È l’esaltazione della manipolazione della verità. Dante – il dicitore del vero – non sarebbe d’accordo. E nemmeno io. Molto interessante le brevi note di Eco. Perché si premura di sottolineare con degli esempi l’aspetto popolare della Commedia. Perché spiega il successo del Dante benignesco con la comune essenza toscana. Perché sottolinea la «vocazione didattica, gaiamente professorale» dell’attore. Le 60 pagine del libro sono un po’ una furbata. È il loro autore un figlio della ‘lupa’ dantesca?
Purtroppo il testo è troppo corto per soddisfare l'amore per la Divina Commedia. Tuttavia Beningni è in grado di tenere l'attenzione e essere divertente anche su carta, ottimo.
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