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Felice esito della collaborazione tra due pubblicisti esperti di divulgazione scientifica, Brandau e Schickert, e un docente di archeologia, Jablonka, interessato alla ricostruzione virtuale di modelli di antiche città, il testo avrebbe potuto ricevere, secondo gli stessi autori, il più preciso titolo Troia. Come molto probabilmente appariva secondo scienza e coscienza degli studiosi che vi hanno lavorato : e in effetti le pagine recano una puntuale lettura e interpretazione delle testimonianze archeologiche in relazione al più ampio quadro anatolico. Le prime tre sezioni affrontano, rispettivamente, la prima fioritura della città scavata da Schliemann (i livelli I-V), la "civiltà superiore" (livelli VI-VII, con la spinosa questione del rapporto con gli Ittiti e, ovviamente, con il conflitto cantato da Omero) e l'ultima fase (livelli VIII-X) fino all'età bizantina; una quarta sezione verte appunto sui problemi di una ricostruzione virtuale, sia pure in termini introduttivi e divulgativi. La lettura dei dati appare arricchita da un ampio corpo di tavole a colori, puntualmente commentate, sul probabile aspetto delle principali costruzioni - un'operazione condotta con rigore grazie agli ultimi programmi di grafica 3D, anche se dichiaratamente suscettibile di correzioni a fronte di future ricerche - sulla base degli ultimi scavi di Manfred Korfmann. In tempi recenti le attenzioni dei media alla città omerica sono state frequenti per motivi anche lontani dalla passione archeologica, e il grande pubblico ha potuto ammirare ricostruzioni credibili pur senza battere vie specialistiche quali gli Anatolian Studies o il sito web Projekt Troia; in Italia, inoltre, era uscita nel 2003 per il Mulino un'aggiornata sintesi di Dieter Hertel, Troia , peraltro critica nei confronti di varie interpretazioni di Korfmann: in sostanza Hertel contesta la tesi filo-omerica di distruzioni a opera di greci micenei ai danni di Troia VIa o VIIa. Il volume ora in esame, tradotto a marce forzate nel 2004, segue la lettura di Korfmann contro gli attacchi polemici da lui subiti (in particolare quelli, ai limiti dell'insulto, del connazionale Frank Kolb che ridimensionava arbitrariamente l'importanza della città), alla luce delle conferme di analisti imparziali e di una collaborazione, davanti alle mura di Troia, di novantacinque scienziati di quattordici paesi diversi. Certo alcuni dati restano oggetto di discussione, in particolare l'associazione assunta dagli autori - e in realtà insicura, sulla base di argomenti filologici e geografici - tra Ilio e la Wilusa dei documenti ittiti (mentre non si accenna al rapporto con il toponimo Taruisa, pure attestato nei documenti e da Wilusa probabilmente differenziato): ma come per il resto del problematico puzzle anatolico (che vede discusse persino le collocazioni di Lukka e Karkisa, eventualmente raccordabili alle regioni più tarde di Licia e Caria), la relativa scarsezza dei dati e il carattere ambiguo di certi elementi (per esempio alcune parole dei testi ittiti) rendono oggi impossibile accedere a "certezze" diverse da quella presentata con onestà dagli autori: appunto una forte probabilità secondo scienza e coscienza di chi sui luoghi ha lavorato a lungo.
Franco Pezzini
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