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Recensioni Misura di sé tra virtù e malafede. Lessici e materiali per un discorso in frammenti

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Ognuno di noi nella vita avrà sentito rivolgersi la classica espressionerimprovero: «Questo da te non me lo sarei mai aspettato?». Ciò sta ad indicare che, nella percezione dell’altro, siamo dati una volta per tutte. Noi avvertiamo, invece, la permanente latenza di possibili scelte nuove e dirompenti. Non vogliamo, insomma, rappresentare un’icona immobile nell’immaginario altrui. Però il problema non si risolve nell’annullare la nozione e la percezione di un nostro «sé»: senza di esse non potremmo mai operare scelte basate su un minimo di continuità e coerenza, che sono pure necessarie per costituirci in unità di persona. Si tratta di mettere in conto che il sé è in permanente divenire, perché la realtà, il contesto, gli eventi chiedono integrazioni, crescite, tagli. Allora abbiamo la consapevolezza del sé, di essere un sé. Ma cos’è il «sé» di cui ognuno di noi dovrebbe o vorrebbe avere misura? E con quali categorie misurarlo? Ed è possibile questa misurazione che ci permetterebbe di evitare sopravalutazioni o sottovalutazioni di quello che “siamo” o potremmo essere?

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