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Sulla scorta del recente successo degli studi sulle leggende metropolitane, citati esplicitamente nella prefazione, Pietro Janni sottopone al vaglio della critica alcune errate nozioni comuni sul mondo antico. Le affermazioni che vengono controllate, corrispondenti ad altrettanti capitoli, sono: "Eolo era il dio dei venti"; "Circe era una maga"; "nel mito di Atlantide c'è un fondo di verità"; "gli antichi non navigavano in mare aperto e temevano le colonne d'Ercole"; "prima di Cristoforo Colombo si credeva che la terra fosse piatta"; "l'antica Grecia era il paradiso dei gay"; "Schliemann scoprì la Troia di Omero"; "gli eroi della tragedia Greca lottano contro il fato"; "i Greci d'oggi pronunciano il greco antico in modo strano". Eccetto forse l'ultimo, che riguarda una questione piuttosto nota, i luoghi comuni qui citati sono davvero diffusissimi, persino tra specialisti, poiché la loro "verità" nel senso comune collettivo è tale da non fare nemmeno supporre la necessità della verifica; Janni li demolisce sistematicamente, ma evita di svolgere un'impossibile e un po' pedante operazione di decostruzione fine a se stessa (anche il mito, in fondo, è una forma di verità e resiste a ogni tentativo di debunking); la critica dei singoli pregiudizi fornisce invece il pretesto per considerazioni di altissimo livello sia sul mondo antico, sia sul suo Fortleben psicologico presso i moderni (esemplare in questo senso il capitolo su Atlantide, davvero una salutare vaccinazione contro tante sciocchezze), sempre senza senso di scandalo e con piacevole ironia.
Massimo Manca
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