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Anno edizione: 2020
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Una storia d'amore lancinante, un'indagine intima sul potere, La moglie del colonnello è uno di quei romanzi che, terribili nella loro profonda verità, risuonano come un forte monito contro i pericoli dell'autoritarismo.
«Perché gli esseri umani sono fatti così. Ripetono la stessa cosa e si aspettano un risultato diverso.»
Lapponia, notte. Davanti al caminetto, una donna ripercorre la lunga vita che ha alle spalle: in primo piano la sua lacerante storia d'amore, sullo sfondo oscure pagine di storia della prima metà del Novecento, quelle di una Finlandia schiacciata tra Russia e Germania. Per lei che, bambina negli anni Dieci, ha respirato in famiglia il nazionalismo anticomunista dei «Bianchi» e ha imparato ai campi estivi delle volontarie per la patria la lezione sciovinista e maschilista, il passo per infatuarsi del nazismo è breve. Ed è facile trovarne poi l'incarnazione erotica e sentimentale nel ricco, potente e autoritario Colonnello, molto più grande di lei e conosciuto dal padre in Germania, quando là ci si addestrava in segreto per combattere i russi. Le voci di abusi e stupri che lo accompagnano non la scoraggiano: come una creatura selvaggia delle sue amate paludi lapponi, è felice di abbandonarsi all'ebbrezza d'amore e al proprio naturalistico, vitalistico eros. Ma il lungo fidanzamento sarà solo l'apice euforico di una parabola che dopo il matrimonio inevitabilmente precipiterà. Riportata con la cruda, accurata, spiazzante sincerità di una donna ormai anziana che nella vita ha trovato la sua libertà tanto nella natura quanto nella scrittura, la traiettoria personale si snoda tra figure e fatti storici delle tre guerre finlandesi collegate alla Seconda guerra mondiale: militari, intellettuali germanofili, Himmler e Hitler in persona, gli orrori dei lager e della Polonia occupata del '39. Tutto il male sfilò sotto i suoi occhi immaturi di un tempo e tutto il male è riconsegnato intatto da una donna che, con la sua complessità umana, cerca ora di dare un senso alle sue ferite e a quelle di una nazione.
Non ho saputo apprezzare granché questo romanzo. Troppo centrato su un’unica figura.
Ambientato durante il primo Novecento finlandese, “la moglie del colonnello”, edito da Iperborea, ricostruisce la vita della scrittrice lappone Anniki Kariniemi. Sotto forma di un lungo monologo, la protagonista e io-narrante ripercorre la Storia della Finlandia, dal nazionalismo anticomunista al nazismo, e la sua relazione devastante con il Colonnello. La poetessina, diminutivo scelto dall’uomo, ventott’anni più anziano della protagonista, ne diventa fin dalla giovane età amante, per poi diventarne la fidanzata e infine la moglie. Il vecchio militare, insoddisfatto e deluso dall’esito della guerra, diventa sempre più violento e scaglia tutta la sua rabbia su sua moglie, questo rapporto distruttivo conduce presto la donna in una spirale di violenza, soprusi e dolori; il ricovero nell’ospedale psichiatrico e il confronto con sua sorella Rebekka le permetterà di rivedere con lucidità il suo legame e di spezzarlo definitivamente. Diventata maestra a Kalmalompolo, la protagonista riscopre il potere salvifico della scrittura e si concede un nuovo amore, il giovane Tuomas. Con uno stile essenziale e asciutto, la scrittrice descrive anche la forza rigenerante della natura; tra grandi foreste, laghi d’acqua dolce e paludi, la protagonista ritroverà la pace e una tranquillità momentanea. Degna di nota è senza dubbio anche la nota storica di Ingrid Basso che, posizionata a fine romanzo, permette una perfetta contestualizzazione della narrazione.
Libro molto avvincente, ambientazione storica molto interessante.
Recensioni
Quando studiavo storia, non ho mai dedicato più di un pensiero fugace a personaggi come Eva Braun e Claretta Petacci: la parte razionale e riflessiva di me ha sempre saputo che dovevano esser state delle persone con pensieri, emozioni e sentimenti complessi; ma l’altra parte, quella irrazionale e severa, non riusciva a dare spessore in alcun modo alle donne che avevano abbracciato gli ideali di Hitler e Mussolini fino alla morte. Non mi sono mai avvicinata alla letteratura e alla cinematografia sul loro conto e non mi aspettavo che La moglie del colonnello, recente uscita di Iperborea firmata da Rosa Liksom e tradotta da Delfina Sessa, mi mettesse con forza nella testa della compagna di un gerarca nazifascista.
Il romanzo mi ha attratta – oltre che, innegabilmente, per la bellissima copertina – perché parla di Finlandia, nazione che amo, e nello specifico di Lapponia, regione incantata e magica. La storia raccontata in queste pagine è invece cruda e brutale, ma non per questo meno attraente o meritevole di lettura.
La protagonista racconta la storia della propria vita a partire dall’infanzia negli anni Venti del Novecento. I momenti di svolta nella sua esistenza sono legati ad un profondo nazionalismo, all’amore per la natura e per la propria terra e quindi, inevitabilmente, alla passione politica. In quegli anni la Finlandia attraversa un periodo burrascoso e controverso, compressa tra la Russia e l’Europa nel tentativo di affermare la propria indipendenza. Il conflitto, oltre che politico, è anche di classe: la borghesia bianca punta a far riconoscere l’identità nazionale dall’Europa e dalla Germania prima di tutto, mentre i rossi socialdemocratici guardano alla Russia.
La famiglia della protagonista appartiene proprio alla Guardia Bianca e lei fin da piccola viene educata al culto del leader forte e sicuro in grado di guidare la nazione e il mondo verso il futuro e nel mito della sottomissione della donna, necessaria ad esaltare la forza dell’uomo. La figura del Colonnello, amico del padre della giovane e figura attorno a cui proliferano leggende di stupri e violenze disumane, levita come un’ombra del destino su tutta la sua vita fino a reclamarla prima come amante, poi come fidanzata e infine come moglie.
Insieme al Colonnello, la voce narrante vive gli anni Trenta e Quaranta dal punto di vista degli oppressori, visita i campi di concentramento tedeschi e amministra quelli finlandesi. L’amore viscerale e incontenibile che la lega al Colonnello è legato inestricabilmente all’amore per la guerra; una passione che si nutre di sangue, lacrime e romanticismo.
Non conosciamo il nome della protagonista, sebbene la preziosa Nota Storica di Ingrid Basso in chiusura al romanzo sveli che il personaggio è ispirato alla figura storica della scrittrice finlandese Annikki Kariniemi. È definita solo come moglie del Colonnello e lei stessa si fregia con orgoglio di questo titolo, anche quando il Colonnello è solo un lontano ricordo nella sua esistenza. Il romanzo riesce quindi nella difficile impresa di dipingere una figura femminile la cui vita è stata vissuta per la maggior parte all’ombra di un uomo terribile, per il quale ha compiuto atti terribili, senza assolverla né condannarla.
La donna racconta la propria storia da anziana, quando ha vissuto la vita abbastanza da saper imprimere un ritmo alla sua narrazione con autoconsapevolezza e maturità perfettamente rese dalla prosa vivace di Liksom. Le parti più cupe della vicenda vengono descritte senza sconti, ma con una lucidità che non lascia spazio a pietismi o compassione. La protagonista è stata certamente una vittima, ma non chiede di essere perdonata per quello che ha fatto né che la sua sottomissione venga giustificata o capita: racconta e basta, in attesa di essere ascoltata.
Il bisogno di esprimersi al di là delle convenzioni e di ciò che le è permesso emerge come cifra distintiva del personaggio nella splendida pagina in cui, ancora ragazza, scopre la passione per la scrittura. Inizialmente questa inclinazione artistica viene incoraggiata dal Colonnello, fiero di poter sfoggiare la sua poetessina, ma quando la letteratura comincia a diventare per lei un piano di vita coerente e strutturato, l’uomo ritira la sua approvazione.
Gli chiesi perché aveva smesso di incoraggiarmi e rispose che la poetessina sarebbe morta, se mi fossi messa a scrivere sul serio. Una donna poteva scrivere un libro, ma due no; scrivere non andava bene perché mi distoglieva da lui. Risposi che un po’ era vero. Quando si scrive si è da un’altra parte, nel proprio mondo, e gli altri restano fuori. Ma io non volevo smettere, perché capivo che più il Colonnello mi sottometteva, meno ero viva. Diciamo pure che ero viva soltanto quando scrivevo. (p. 51)
È in quel fare sul serio che risiede la bellezza di questo libro, una serietà che è sinonimo di complessità e che è tempo venga restituita alle donne della storia che sono state relegate nell’ombra, anche nell’orrore e nella barbarie. Non solo e non sempre vittime, mai incasellabili in una categoria, tutte con una storia diversa da raccontare.
Recensione di Loreta Minutilli
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