Questo è il terzo volume di questa mia inchiesta personale, è dedicato interamente al tunisino Azouz Marzouk,bsu quello che lui aveva detto e fatto in tutti questi anni; e alla testimonianza del suo primo testimone. Che aveva asserito ai Carabinieri di Erba di essersi trovato nei pressi della corte – dove è situata la palazzina – vicino a una piazza, e di aver visto il suo ex Pietro Castagna, fratello di Raffaella, che si trovava presente lì quella sera. E questo tunisino disse che lo aveva visto 3 volte nell'arco di 2 ore, e l'ultima è stata nel cortile della corte. Tutto sommato, in questo volume, vi dimostrerò che è soprattutto in quest'altra parte della storia che vedrete danzare altri "inganni e menzogne". E quest'altro extracomunitario non era altro che un mezzo di Azouz, per aver cercato con questo suo subdolo escamotage della falsa testimonianza, di addossare la colpa al suo ex cognato Pietro allo scopo di perorare la sua causa milionaria di risarcimento di danni morali contro di lui (come ho spiegato nel primo volume). E lo è perché molte sono state le anomalie e le incongruenze che avrei trovato nel verbale di questo suo particolare testimone. Come molte ne avrei trovate in quello del Marzouk. E di lui, oltre a parlarvi del suo verbale che aveva redatto il giorno dopo la strage, vi parlerò di cosa aveva combinato in passato fino ai giorni nostri e dei suoi tentativi di scagionare i suoi ex vicini (i coniugi Rimano), e di come cercava con prove inique e prive di obiettività e di logica, di far ricadere la colpa - anche in questo caso - al suo ex cognato, Pietro Castagna. Io, comunque, vi darò ancora altri elementi di prova che dimostrano che lui è il vero autore di questo crimine: ciò che aveva raccontato ai giornalisti è puramente illogico e falso, e aveva effettivamente assoldato i suoi vicini per permettere loro, come sempre, di uccidere la sua famiglia insieme alla banda di spacciatori dei suoi fratelli e cugini, che, in questo caso, potrebbero essere anche loro colpevoli per aver causato questa tragedia. Pertanto, questo vorrebbe dire che il suo alibi di ferro non ha alcuna validità se aveva qui in Italia, alcuni familiari che potevano uccidere al suo posto, la sua famiglia italiana. Ma sempre in questo terzo volume, vi parlerò di un veicolo che apparteneva alla sig.ra Galli e che quella sera dell’11 dicembre (il giorno della tragedia) l’aveva presa e guidato suo figlio Pietro. E sarà verificato il motivo per cui ci sia stato tanto mistero in questa storia, per il fatto che l’abbia usato lui quella sera e di altre polemiche che ci sono state, su cosa lui fece nei giorni a seguire dopo la strage. Nelli stesso capitolo vi parlerò persino di alcune frasi che Olindo Romano aveva scritto in carcere su una Bibbia che gli era stata data da un cappellano. Sembrava che, dalle parole che aveva scritto, si pentisse di quello che aveva fatto alla sua vicina e ai suoi familiari. Ma sembrava anche che, attraverso quel libro sacro, denunciasse gli inquirenti di Como per aver fornito solo una piccola parte della verità sulla storia di questo crimine. Tuttavia, per aver scritto ancora altro nella Bibbia: sembrava che lui e sua moglie si fossero costruiti un mondo tutto loro e che fossero vittime di un sistema, nonostante fossero colpevoli. Ma sempre in questo volume, nella sua ultima fase vi mostrerò di come secondo me si è realizzato questo massacro in quella palazzina. Di come i coniugi Romano e i loro probabili complici, hanno perpetrato la loro prima aggressione fino ad arrivare a quell'ultima con i coniugi Frigerio. E di come infine aveva
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