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Testi brevi, dissacranti, grotteschi. La Mosca dei primi anni Venti, all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre, viene mostrata con le sue contraddizioni e le sue problematicità, La fame, il freddo, un'inflazione tale che un panino alla bouvette del Teatro Bolsoj veniva a costare 10 milioni, l'emergenza abitativa, i lavori pubblici interminabili. Bisogna entrare in sintonia col tono irriverente di Bulgakov per apprezzarne al meglio la lettura
E’ un affresco della Mosca degli anni venti (1922-1924), forse con più ombre che luci e dissacrante. Intanto, l’autore sottolinea che le strade della capitale sono zeppe di mendicanti. E incalza che per mangiare un panino bisogna guadagnar 10 miliardi/mese, cifra che sembra spropositata. Perfino fumare una sigaretta costa caro. Molti cittadini per sopravvivere masticano semi di girasole. L’autore curiosamente dichiara che “si nutre di polenta variopinta piccoli carati”. Descrive poi, dall’alto di una torre, il panorama di Mosca, dove svettano le cupole di migliaia di chiese. Nota pure che sui cornicioni dei negozi di gastronomi sventolano bandiere rosse. Racconta poi di cene a casa di amici dove si accumulano sacchi di farina, in previsione di tempi magri. Tornato Mosca dopo tre anni ritrova la miseria di prima: gente che gira con cappotti neri mangiati dalle tarme e dovunque commissari del popolo che girano per le case in cerca di spazi occupabili negli appartamenti (dove gli scarafaggi imperversano). La seconda parte del romanzo è occupata dal un poema in 10 paragrafi che narra le avventure di Cicikov, che non si esime dall’imprecare contro Gogol. E s’inventa gli affari più sballati: compravendita di anime morte (defunti non ancora dichiarati alle autorità) e si propone come presidente di vaie commissioni d’inchiesta. Insomma, un ritratto irriverente al massimo ma molto godibile come lettura.
Un viaggio onirico nella Mosca degli anni '20. È un insieme di racconti che descrivono in maniera ironica e di denuncia la società moscovita.
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