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Anno edizione: 2000
Anno edizione: 2014
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Per tramite di una scrittura arcaica, solenne ed inimitabile, dalla sintassi complicata e dal lessico ricercatissimo, che si intreccia mirabilmente al dialetto di Comiso, il compianto Bufalino, scrittore che costituì un unicum nella letteratura nazionale tardo-novecentesca (anche per il tardivo esordio), ricostruisce in queste pagine un mondo arcaico, risalente ai lontani anni della sua giovinezza ma congelato in un "antico regime", fuori dal tempo, rievocando mestieri caduti nell'oblio e volti di una sua personale Spoon River isolana. Certamente i picchi di sublime magnificenza poetica di Diceria dell'untore non sono raggiunti qui, ma resta pur sempre un testo esemplare dello stile personalissimo dell'autore, volto a ricreare sulla carta la memoria di un tempo che fu, già quasi del tutto scomparso ai tempi della stesura del libro.
Fermare il tempo è un desiderio che abbiamo tutti, ma se non ci è possibile farlo con quello corrente, è invece fattibile con quello trascorso, soprattutto da molti anni. È con la memoria che si ripercorrono fatti ed eventi del passato che per noi, consapevoli o no, hanno avuto un significato. Gesualdo Bufalino, quasi naufrago in una Comiso moderna, ha deciso di fissare il ricordo di quello che era la sua città molti anni addietro, possibilmente coincidenti con la sua giovinezza, un percorso storico indispensabile non solo all'autore, ma anche ai posteri, affinchè abbiano conoscenza da dove vennero. Il suo è un lavoro schematico, tanto che ha diviso questo libriccino in sei capitoletti, dedicati rispettivamente a Mestieri scomparsi, Luoghi d'una volta, Antiche locuzioni illustrate, Motti e proverbi neri, Piccole stampe degli anni Trenta, Facce lontane. A ognuno di questi titoli corrisponde qualche cosa di specifico che c'era un tempo e che adesso non esiste più, in una dimensione che porta a rivivere all'autore un'epoca lontana, con la capacità di incuriosire il lettore odierno, a volte spaesato per certi modi di vivere, certi mestieri che possono sembrare frutto di fantasia, ma che non lo sono. Bufalino dimostra ancora una volta di più la sua grande capacità di attrarre il lettore con una scrittura apparentemente semplice, ma che spicca per il ricorso a un italiano perfetto e per un periodare non di rado lungo, ma che non stanca. In questi libro, che, a scanso d'equivoci, pur buono non può essere considerato fra i migliori dell'autore, la curiosità funziona alla perfezione ed è proprio questa scoperta di un mondo che ignoravamo la chiave di volta per comprendere le finalità del narratore. Più ci è dato di sapere del passato, di un tempo in cui magari non eravamo ancora nati, più ci sarà possibile percorrere con consapevolezza l'impervia strada della vita.. Noi siamo, perché altri c'erano prima e i nostri posteri vivranno solo perché noi siamo stati. Da leggere.
Suoni e fumi di libri, odori e colori di vesti, parole ed ombre di luoghi. Sciumi e pupiddi, pitturi e libraru ambulanti, i vigliali e u quartieri u piri, in cui "i tetti si toccano e nascondono il cielo". Come il mare infuria severo per conchiglia all'orecchio così Comiso, "ventre materno, scoglio di Acitrezza, cella di Regina Coeli", ripiglia parola e si presenta com'era. E' un prezioso baule da soffitto antenato "Museo d'ombre" di Gesualdo Bufalino: abiti stinti, lettere perse, ritratti ingialiti, oggetti in disuso son scoperti alla luce e tornano esistenze che furono. Con pupille improvvisamente bambine crediamo alle apparenze impreviste, al miele e allo strazio, al vero ed al vizio che portano in dote. Vale così per Rosalia 'a foddi, arsa in perpetuo dal folle d'invisibili fiamme; per Turi Sabbetta, gigante circense chissà dove sepolto; per Ciccio Ferro, morto stancodeluso d'agitare il rosso vessillo; per Tuti Murruzzu, musicante di veglie e deliri. Affaticato 'u pirriaturi tramuta moli di pietra in facce da santi; è con una lieve carezza che la pilucchera scioglie tuppi aggrumati in feline criniere; Nuofru il barbone si fa per calli ed un soldo prufeta ro tiempu mentre 'u lampanaru riporta la luce sostituendosi a Dio. Si muovono tra l'orta e 'u teatru, dove fece sognare la divina Adelina; a 'bbiviatura e 'a casa abbrusciata, in cui s'accoglieva tacendo l'affaccio di luna; 'u munnizzaru e la cripta di Monserrato, sede per convegno e consulto di scheletri calvi. E così barlumi di corpi e vita vicaria son risarciti da una scrittura che è sacra nel rendere il laico della storia minuta. Come un "mimo linguistico", un "hai-kai memoriale", come un prestigio d'Ulisse, "un sortilegio spontaneo d'ombre cinesi, che si dipananassero adagio, una dopo l'altra, su un muro: teca d'epifanie momentanee, cinema di larve spaiate; l'insufficiente bottino d'un apprendista Noè che, dopo il diluvio, per non scordarsi del mondo, ne andasse investigando i rimasugli sommersi dentro la sabbia" Bufalino ci dona tutto il mondo perduto.
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