Napoli e Gaeta sono unite da una storia gloriosa, in particolare per la fine del Regno delle Due Sicilie, tra il novembre del 1860 e il febbraio del 1861, quando si consumarono gli ultimi giorni del Regno delle Due Sicilie dopo un assedio durato circa cento giorni, tra migliaia di bombe "piemontesi" e centinaia di vittime "napoletane" nella città-fortezza gaetana, fin dalle origini autentica porta del Regno. All'alba del 14 febbraio, allora, lasciarono per sempre il loro regno il re Francesco II di Borbone e la regina Maria Sofia di Wittelsbach, scrivendo pagine di una storia epica - per troppo tempo dimenticata - insieme alla memoria dei tanti (soldati e civili) che caddero nell'estrema difesa di una nazione che aveva iniziato la sua storia settecento anni prima. "E, dietro a Francesco e Maria Sofia che riprendono il mare, ecco il cocchiere del re senza carrozza, i ministri senza più popolo, i nobili senza palazzi. Con queste divise, livree, cilindri, sciabole, bastoni, crinoline, cani da caccia, non è una corte che si trasferisce, ma il regno di Napoli che ne va" (sono le parole dello scrittore Riccardo Pazzaglia). Fu quello uno degli esempi della "fedeltà" della città di Gaeta a un regno e a una storia, una città che, per secoli, rappresentò l'ultimo baluardo di quel regno e di quella storia. Del resto, assedi ed eroiche difese avevano già segnato quei luoghi, nel 1799 e nel 1806, di fronte alle invasioni francesi. E, di quelle parti (di Itri), era il mitico Fra Diavolo, Michele Pezza, eroico nemico dei francesi. Gaeta, però, era stata definita "fedelissima" già in precedenza e, almeno dal XVI secolo, "la fedeltà de' Gaetani verso il lor Prencipe, vien dichiarata dall'Imperator Carlo V, in una sua lettera in cui dice: Della fedeltà vostra, intatta, e senza macula, ne semo certissimi, che per l'effetto s'è veduto: e si vede Filippo II Re di Spagna lodare la fedeltà de' Gaetani verso la sua Corona, e soggiungendo dice: Non esser ciò cosa nuova, che perciò non ſarà di maraviglia, se da Regii Ministri vien'honorata col titolo di Fedelissima". Si tratta, del resto, di un'antica testimonianza: quella della "Breve descrittione delle cose più notabili di Gaeta, città antichissima, e fortezza principalissima del Regno di Napoli, Secondo le notitie istoriche raccolte dal sig. d. Pietro Rossetto e spiegata in otto discorsi, edita in Napoli dai tipografi associati Domenico Antonio Parrino e Michele Mutij nel 1694" (precedenti edizioni a partire dal 1673). "Fedelissima" anche quando, nell'estate del 1738, proprio tra Gaeta e Portella, Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia si conobbero e si unirono in matrimonio dando inizio al periodo più prestigioso della storia dell'attuale Sud dell'Italia. Questo "filo rosso" della cristianità e dell'unione con Napoli, del resto, parte dall'antichità e raggiunge tempi più vicini a noi con due date significative e legate alla Gaeta prima ducale e poi borbonica. Nell'849 partecipò alla battaglia di Ostia contro i Saraceni in una vittoria che fu epocale per le sorti dell'intera civiltà occidentale al punto da essere rappresentata nella famosissima opera di Raffaello (Stanze Vaticane). Un ulteriore simbolo della difesa della cristianità, del resto, è conservato nell'attuale Museo Diocesano: una bandiera della grande vittoria contro i musulmani a Lepanto nel 1571, battaglia nella quale diedero un contributo importante i Napoletani e i Gaetani. Nel 1848 la città ospitò, con Ferdinando II di Borbone, papa Pio IX durante i moti che sconvolsero l'Italia e si ricordano ancora le sue preghiere presso il Santuario dell'Annunziata e il Santuario della Santissima Trinità alla Montagna Spaccata.
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