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E' una riedizione postuma del testo del 1990 con un aggiornamento bibliografico (non discusso criticamente nel testo e peraltro già invecchiato) e una presentazione di Luigi Longhin che è più che altro un riassunto del primi due capitoli. Dell'aggiornamento delle parti relative "alla memoria, all'inconscio, all'Edipo come cerniera tra le generazioni" non c'è traccia nel testo di Mancia, solo qualche breve cenno nella presentazione. L'esposizione delle teorie del/sul narcisismo dei primi due capitoli (il primo su “Freud e il Narcisismo”, il secondo sul "Dopo Freud") necessita di una preliminare conoscenza della psicoanalisi e quindi non è adatta come introduzione. Il terzo capitolo "Individuo , società e cultura narcisistica", in sole nove pagine può offrire solo qualche interessante ma generico spunto di riflessione sul tema. Il caso clinico presentato nel quarto e ultimo capitolo risale agli anni Settanta.
L'idea che il narcisismo patologico e cioè la irreale idea di sè come essere superiore perfetto costituisca la violazione del principio di realtà riconosciuto dalla psicoanalisi come la Ragione e cioè la normalità e il fattore di equazione fra salute mentale e intelligenza e quindi il viatico del disastro psicotico, questa idea Mancia la pone al centro della sua analisi. Il narcisismo porta al disastro perchè le censure e disconferme dell'esperienza sociale reale non hanno altra sorte: il crollo del mito e quindi la crisi nei casi più gravi anche psicotica. La topica psicoanalitca classica impiegata dall'autore per descrivere la dinamica interpersonale della performance narcisistica è inattuale e manierata tanto per conservare uno schema freudiano che ha funzionato per tutta la patologia libidica, ma sia pure nel suo schematismo centra la questione: il rapporto sociale oggettivo viene misitificato e razionalizzato dall'ego narcisista o in funzione della sua aspettativa affermativa oppure per investirlo della colpa del disastro. La patologia narcisistica volge alla sua risoluzione proprio nel momento in cui il megalomane egotico e fantasioso diventa consapevole dei punti oggettivi della sue violazioni del principio di realtà; ecco perchè, come scrisse Freud, il narcisista soffre di reminiscenze. Sono i flashback e le irruzioni parassitarie nella sua sfera cosciente delle passate patetiche disastrose e perdenti inautenticità della sua esperienza che irrompono in una coscienza solo apparentemente normale ed invece distrutta ma anche ricomposta da questa memoria tragica di una storia recente e remota al cui interno la logica evolutiva della salute e della risoluzione mantiene la stessa legge idealistica di Hegel di evoluzione dialettica alla Ragione o salute mentale o mente libera da mito e sogno e quindi finalmente scientifica o razionale. E quindi sana pulita matura non più schiava di un esibizionismo narcisistico che, se non ricognito, è viatico certo della follia
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