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Una lettura propedeutica di ontologia essenziale della mathesis soprattutto utile, per la sua rigorosa e convincente chiarezza, per i matematici di formazione scientifica, ai quali generalmente manca quel milieu gnoseologico indeclinabile per la intelligenza matematica, secondo il modello esattamente individuato da Brouwer, che attribuiva giustamente la fobia per la matematica al suo simbolismo, impeditivo ob signum della mathesis (intelligenza matematica) Siccome agli ingegneri insegnano solo il calcolo e non il ragionamento, nel posto in cui l'intelligenza corre il maggior rischio e cioè l'università, l'opera di Israel potrebbe avere la stessa funzione che in diritto ha la costituzione: spiega preliminarmente di che cosa si tratti. Le soluzioni offerte dall'autore sono tutte intelligenti: la propensione mistica della forma mentis matematica con la sua identificazione della semplicità col divino, che cela in realtà l'equazione fra razionalizzazione e verità sì da ricostruire una gnosi della mathesis in fin dei conti equativa della idea di Dio. La scepsi epistemica contro il formalismo hilbertiano riproduce il noto odio dell'autore contro le facilonerie tedesche. Qui Israel liquida Hilbert come in musica si liquiderebbe Mozart o in letteratura D'annunzio: solo virtuosismi vezzosi, solo forme suggestive, nient'altro. Di pari acume la esclusione dalla epistemica di fondo del concetto di "verità" come buono al più per la fenomenologia pastorale di Heidegger, non certo per la costruzione di ipotesi matematiche pure. E' sulle due riduzioni fenomenologiche pro mathesis conceptae di Husserl che Israel è più difficile da capire, perchè rivendicare per la "riduzione" husserliana una funzione di ritraduzione nell'empirismo del "carattere operativo e procedurale" degli enti matematici non convince."Se la natura fosse un'illusione, la fenomenologia pura non ne sarebbe minimanente influenzata" scrive Hussel nelle "Aufstaze". E questo l'empirismo di Husserl?
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