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Tutt'altro che ermetica o di difficile penetrazione a patto di dotarsi di grande spirito recettivo, la poesia del Bergamini si distingue per la chiarezza espositiva e la nitidezza delle immagini che intende comunicare. Un'autentica elegia della donna, ritratta, dipinta e narrata in ciascuno dei suoi punti di forza e debolezza, in molti aspetti che permeano la sua vita e la semplice maestosità dei suoi gesti ordinari. In tutti i componimenti o quasi si percepisce la traccia autobiografica da cui muove l'autore, nonché la vena malinconica che ne dirige pensiero e creatività. Un inno al potere segreto che anima la donna, esaltata come generatrice e di vita, e di sentimenti al contempo di purezza e passione. Per quanto la fertilità poetica sia lodevole sin dalle prime pagine, la raccolta sembra procedere in un crescendo qualitativo, quasi che l'illuminazione dell'autore si carichi progressivamente di senso e maturità man mano che i polpastrelli pigino sulla tastiera, sebbene il romanticismo sotteso al testo lascerebbe sperare che sia piuttosto una penna stilo, per non dire una piuma d'oca intrisa nel nero di seppia, a dirigere le danze della gestazione artistica. Selezionare l'uno o l'altro brano, privilegiare un sonetto, una terzina, una rima, una scelta lessicale, paiono operazioni crudeli oltre che inutili allo scopo, che in altro non risiede se non nell'omaggiare la donna in quanto tale, fonte e foce del fiume dell'esistenza tutta. Prendendo in prestito un suo titolo, la formula più sintetica e incisiva per descrivere il virtuoso lavoro del Bergamini non dovrebbe che essere quella di mera "Ode alla donna". La sola perplessità che potrebbe scaturire impelagandosi nello "spiritualismo materialista" dell'autore, affonda le radici in un dubbio prosaico, cinico e brutale: dinanzi a eventuali oscenità estetiche e morali che coinvolgono parimenti la donna e l'uomo, il Bergamini resterebbe ben saldo sulle originarie e veraci convinzioni tanto abilmente quivi tratteggiate?
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