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Giuseppe Deiana dedica alla «famiglia Puecher nella Resistenza» un volume di vasto respiro. Prima Medaglia d'Oro della Resistenza, il giovanissimo cattolico Giancarlo Puecher (Milano, 23 agosto 1923), fucilato dal fascisti a Erba il 21 dicembre 1943, era figlio del notaio Giorgio (nato a Como il 14 maggio 1887), che venne arrestato la prima volta il 13 novembre 1943 e dopo un periodo trascorso nelle carceri di San Vittore e poi al campo di concentramento di Fossoli, venne deportato a Mauthausen dove morì il 7 aprile 1945. La vicenda storica di Giancarlo è molto breve: dopo l'8 settembre 1943, si trasferisce con i suoi nella villa di famiglia di Lambrugo, nel comasco, e qui entra a far parte, contribuendo a costituirlo, del primo gruppo partigiano autonomo in Brianza, attivo dal 13 settembre. Giancarlo ne è il vicecomandante. Venne arrestato la sera del 12 novembre, insieme a Franco Fucci e altri. Sebbene del tutto estranei all'uccisione avvenuta il giorno prima di due noti fascisti del luogo, gli arrestati vennero processati per rappresaglia e, in modo del tutto illegale, furono emesse alcune condanne a morte, di cui fu eseguita solo quella a carico di Giancarlo Puecher. Il giovane era infatti particolarmente inviso ai fascisti comaschi, sia perché considerato il capo dei giovani ribelli, sia per il suo ascendente sugli altri come giovane colto e di famiglia agiata molto conosciuta e di largo prestigio. Uccidendolo, però, i fascisti ne fecero un martire che divenne subito un simbolo e una bandiera e anziché bloccare l'adesione dei giovani alla Resistenza, la morte di Giancarlo l'incrementò rapidamente. Il libro di Deiana ha il merito di andare oltre la biografia di Giancarlo Puecher, allargando il discorso sia al contesto storico italiano e in particolare milanese e comasco, sia ai problemi storiografici relativi alla Resistenza, ricostruendo e valorizzando anche la fortuna postuma di Puecher e il significato simbolico della memoria che di lui si conserva.
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