Il libro racconta come fosse un romanzo la storia privata e pubblica di Carlo Pitti, il magistrato cui fu affidato il compito di istituire il ghetto ebraico a Firenze.
«All'archivista e paleografa Ippolita Morgese si deve l'ostinato "scavo" tra filze e faldoni grazie a cui si ha la ricostruzione dei retroscena culturali, politici e finanziari che portarono alla nascita del ghetto» - Maria Cristina Carratù
«Il libro fa luce sul meccanismo che portò non solo Cosimo a decidere di istituire un quartiere ebraico chiuso, ma anche su chi ne rese possibile la realizzazione tanto breve, dieci mesi tra l'editto e l'insediamento dei duecento che vi andarono di mala voglia a vivere» - La Repubblica
Grazie al ritrovamento del suo archivio privato, Ippolita Morgese ha infatti ricostruito il milieu dell'epoca, le abitudini, le tradizioni familiari e le usanze di vita nel secondo Cinquecento. Incredibilmente non esiste alcuna pubblicazione in merito: gli storici sembrano essersi fermati all'epoca di Machiavelli, alcuni decenni prima quindi delle vicissitudini del personaggio principe del libro, i cui regesti svelano i mille volti di un'epoca che ha segnato la fine del lungo Rinascimento fiorentino. Un docufiction, davvero ricchissimo di dati inediti, intrighi, ambientazioni e aneddoti autentici, su un personaggio chiave nel sistema di potere della Firenze al tempo dei Medici, artefice principale dell'istituzione del ghetto di Firenze (1571).)
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