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Anno edizione: 2022
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Accolto fin dal primo apparire, nel 1938, da grande successo, il romanzo d'esordio di Alba de Céspedes esplora la formazione dell'identità femminile nell'Italia fascista senza voler proporre storie esemplari, facendo conoscere da subito l'autrice come una delle grandi voci letterarie del Novecento.
Si chiamano Vinca, Valentina, Augusta, Silvia, Xenia, Anna, Milly, Emanuela. Otto ragazze attorno ai vent'anni che si ritrovano tutte al collegio Grimaldi di Roma, tra l'autunno del 1934 e l'estate del 1936. Diverse per origine geografica e familiare, si affacciano alla vita adulta con attese differenti – l'amore, l'emancipazione professionale e intellettuale, il ritorno alle origini, la partenza –, e chiuderanno il loro percorso con scelte altrettanto differenti. Sperimentale nello stile e nei contenuti, Nessuno torna indietro rivoluziona il canone della narrativa di formazione: originale è l'adozione di un punto di vista multiforme, che non si disperde in un coro ma mantiene vive le specificità delle singole voci; inedita è la totale mancanza di giudizio, implicito o esplicito, sui percorsi delle otto protagoniste; del tutto nuova, in particolare, la rottura dell'unità di quell'immagine femminile che aveva dominato la cultura e la società, fino alla "donna nuova" creata dal regime. Accolto fin dal primo apparire, nel 1938, da grande successo, il romanzo d'esordio di Alba de Céspedes esplora la formazione dell'identità femminile nell'Italia fascista senza voler proporre storie esemplari, facendo conoscere da subito l'autrice come una delle grandi voci letterarie del Novecento.
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È un romanzo in cui la figura della donna è quella del 1939 dove io ci ho ritrovato parecchie sfumature in quella più contemporanea.
Romanzo d’esodio della scrittrice italiana Alba de Céspedes nel lontano 1938 già prefigura quelli che saranno gli elementi cardine della sua produzione letteraria: l’impegno politico e sociale alla conquista della libertà e della giustizia, la figura femminile e la sua indipendenza, la costruzione dell’identità femminile spesso all’ombra della figura maschile. In questo primo romanzo di formazione, rispetto a Dalla parte di lei o Quaderno Proibito, si sente qualche richiamo linguistico e di stile ancora arcaico e in fase evolutiva e di consolidamento della scrittrice, ma non per questo meno interessante. «Che deve fare la donna per liberarsi dalla tirannia dell'uomo? Bisogna che si sostituisca a lui. Una vita autonoma, affrancata anche dalla servitù dei sensi: piena di indipendenza dello spirito e della carne». «Eppure era così; nulla può distruggere, annientare un passato: tu accuratamente lo nascondi, lo occulti, nessuno ha visto, nessuno ha saputo, fuorché te stessa, e tu non parlerai mai. E invece seguita a vivere, il passato, ti vincola, ti nega il futuro e tu stessa finirai per parlare un giorno, lo risolleverai, lo scuoterai dalla polvere, eccolo il tuo passato, e ti accorgerai che è vivo, che sei venuta costruendo la tua vita su quello, come una farfalla l bozzolo. Chi lo dimentica? Nessuno può dimenticarlo. Forse il passato è la sola cosa veramente immortale». «A casa, ormai, non si può più tornare. I genitori non dovrebbero mandarci in città. Dopo, anche se torniamo, siamo cattive figlie, cattive mogli. Chi può dimenticare di essere stata padrona di se stessa? E, per i nostri paesi, aver vissuto sole in città vuol dire essere donne perdute. Quelle che sono rimaste, che sono passate dall'autorità del padre a quella del marito, non ci perdonano di aver avuto la chiave della nostra camera, di uscire e di entrare all'ora che vogliamo. E gli uomini non ci perdonano di aver studiato, di saperne quanto loro».
Un libro di piacevole lettura, ma non una delle vette della letteratura italiana del '900. Il romanzo è raffinato dal punto di vista dell'analisi psicologica, affronta il tema della formazione femminile delle protagoniste con cura e attenzione. Dal punto di vista linguistico, presenta una sintassi in anticipo sui tempi ma risente ancora di elementi ormai desueti di derivazione ottocentesca. In generale la critica ha visto nel romanzo una sorta di "manifesto femminista" ante litteram. Io personalmente ho colto piuttosto la dimensione del fallimento esistenziale che, in un modo o nell'altro, giunge a colpire tutte e otto le studentesse nel momento in cui si affacciano alla vita adulta.
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