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Sono trascorsi più di dodici anni dalla prematura scomparsa di Nicola Gallerano. Gli interventi raccolti nel volume ruotano intorno ai temi che per sensibilità gli furono più prossimi: la memoria e l'uso pubblico della storia, il rapporto tra storia locale e storia nazionale, la ricerca storica nel suo legame con le istituzioni collettive così come l'inesauribile riflessione sulla guerre e sulla violenza nel XX secolo. Al di là della specificità degli approcci offerti dagli studiosi, la riflessione si è prestata soprattutto per fare un bilancio sia sulla peculiare figura del compianto studioso, sia sulla natura dell'impegno professionale dello storico, ovvero sul suo statuto sociale e culturale. Alla base della riflessione di Gallerano vi erano infatti due elementi da lui ritenuti imprescindibili: la costante ricognizione sui rapporti, frequentemente mutevoli, tra la dimensione individuale (ossia micro) e quella sociale (ovvero macro) nella definizione della rilevanza collettiva di un evento; la fragile intercapedine che separa il lavoro dello storico, il dibattito storiografico e l'elaborazione di una consapevolezza di sé fondata sulla memoria e le sue trasfigurazioni. L'urgenza di lavorare su questi piani, inclinati, era alla radice dell'impegno critico in un'epoca, quella del declino del bipolarismo, dove la "cancellazione del passato e [l']ipertrofia dei riferimenti storici si danno tranquillamente la mano". Riflettere su una vivace figura di intellettuale e di studioso ci aiuta anche a ragionare sul rapporto tra le generazioni di storici meno giovani, legate al "patriottismo costituzionale", sancito dalla rottura antifascista, e quelle che si stanno affiancando sul proscenio degli studi in una stagione in cui l'indecifrabilità sembra essere, paradossalmente, l'unico segno chiaro.
Claudio Vercelli
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