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solito film sulla sfiga e sui sogni nel cassetto
In un futuro degno delle perversioni di George Orwell le applicazioni per i cellulari, le zone cittadine eco-friendly e gli ologrammi che sostituiranno persone e relazioni in carne e ossa, saranno il pane quotidiano con il quale dovremo sfamarci. Unica eccezione a queste novità imposte dalla digitalizzazione, l’uso di rider, umani e sottopagati, per la consegna di cibi a domicilio. Basandosi sul Candido, romanzo di Guido Maria Brera, dirigente d’azienda e autore de I Diavoli, romanzo autobiografico trasformatosi nella serie omonima targata SKY, Pif alla sua terza opera, dopo aver trattato i problemi della mafia, fa la morale alla nostra contemporaneità facendoci immergere nella vita di un ex dirigente di successo e di mezza età che si ritrova improvvisamente senza lavoro e con problemi economici quasi impossibili da risolvere. Vittima, lui come tutti, di scelte irrazionali decretate da algoritmi punitivi per cui non ci sono molte spiegazioni plausibili. Protagonista indiscusso Fabio De Luigi, nel ruolo di Arturo, affiancato dallo stesso Pif nella parte di un coinquilino con cui dividere le spese di una casa acquistata per compiacere una fidanzata pronta a lasciarlo causa le scelte pressoché insindacabili di una app. Pellicola che si beve tutta d’un sorso e che se vista per le iperboli fin troppo attuali: l’uso esasperato delle app, l’affidarsi ai computer. La frenesia con la quale ci muoviamo e con la quale vogliamo tutto e subito, può strapparci più di una riflessione sempre però declinata con un sorriso estremamente amaro. De Luigi estremamente convincente e abile nell’incarnare l’uomo medio caduto in disgrazia. Pif anch’egli perfetto non solo in regia, ma anche come complemento del protagonista.
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