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Noi moriamo a Stalingrado
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Settantasette italiani di modeste pretese e d'infinita pazienza precipitati nel peggior mattatoio della seconda guerra mondiale: Stalingrado. Appartenevano quasi tutti a due autoreparti, avevano portato guastatori e rifornimenti alla 6a armata tedesca di Paulus e dovevano rientrare dopo aver riempito gli autocarri con la legna per affrontare l'inverno. Furono invece bloccati dall'avanzata dell'Armata Rossa alla fine di novembre del 1942. La loro lenta agonia è raccontata dalle lettere spedite a casa, in cui niente traspare della situazione e dell'ansia: all'apparenza tutti affermano di star bene e di essere lontano dai pericoli. Ripetono l'accorato appello di mandare notizie, di non dimenticarli. Ma in gennaio affiora nei saluti a genitori, mogli e figli la fine di ogni speranza. Dopo la resa, prigionia, malattie e sconforto falcidiano i soprawissuti. Solo due rivedranno l'Italia.
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In commercio dal:
28 maggio 2009
Pagine:
269 p., Brossura
EAN:
9788850218516
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Daniele
06 dicembre 2024
Il massimo valore di questo libro è parlare di una storia fondamentalmente sconosciuta, quella dei settantasette soldati italiani (tutti autieri e un paio di medici) che rimasero bloccati nella sacca di Stalingrado - unici tra i militari italiani - e quindi vissero uno dei peggiori mattatoi della seconda guerra mondiale e condivisero il triste destino di decina di migliaia di prigionieri di guerra tedeschi andando quasi tutti (si salveranno in due) a morire nei campi di concentramento sovietici (nei quali, dal fronte del Don, arriveranno anche alcune decine di migliaia di soldati italiani). Purtroppo le notizie reperibili sono minime: molto pregevole il tentativo di raccontare le storie personali dei settantasette attraverso il contatto con i discendenti, le lettere e la ricerca d'archivio. Di fatto, però, ciò che accade a quei soldati a Stalingrado è impossibile saperlo. Ho trovato un po' inutili alcune divagazioni sull'andamento delle operazioni: si presume che chi si metta a leggere questo libro abbia una coscienza almeno superficiale degli eventi
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alessandro
08 aprile 2013
Molto scorrevole,si legge come un romanzo.
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roberto cocchis
28 luglio 2011
Una delle tante storie "dimenticate" di giovani partiti per una guerra che quasi tutti non volevano combattere, e mai più tornati. Le poche notizie disponibili (a un certo punto, ovviamente, i "dispersi" non hanno più potuto comunicare nulla) danno appena la misura dell'interminabile angoscia delle famiglie. Un po' alla volta, come un detective, Caruso ricostruisce ciò che è possibile ricostruire e aggiunge un altro tassello a una storia collettiva che, oggi più che mai, va tramandata e non dimenticata...anche se ormai dimenticare sembra essere diventato l'imperativo.
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