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Avagliano pubblica opportunamente per la prima volta in Italia le memorie di Frieda von Richtofen, musa di David Herbert Lawrence, incastonata nell'opera dello scrittore al punto da esserne per molti indistinguibile. Se a lei, infatti, numerosi personaggi romanzeschi sono esplicitamente ispirati, ciò non vuol certo dire che si debba banalmente prendere alla lettera il concetto per cui Connie Chatterley divenne paradossalmente per molti il termine di paragone della sua esistenza. Le testimonianze di celebri compagne o amiche di autori celebri costituiscono ormai un genere a sé, in cui si trovano spesso immagini diverse da quelle che la storia letteraria ha imposto, come rivelano in modo straordinario, per rimanere al mondo anglosassone, i Diari di Dorothy Wordsworth, in cui compaiono non pochi incunaboli del mondo espressivo del più celebre fratello.
Non io, ma il vento... raccoglie (per le cure attente e con la traduzione, talvolta poco duttile, di Antonella De Nicola) il testo omonimo, pubblicato da Viking Press nel 1934 e alcuni frammenti narrativi sulla stessa vicenda. Frieda, nobile e parente del Barone Rosso, fu al centro di uno scandalo notevole, quando abbandonò il marito, Ernest Weekley, e i tre figli (che non poté vedere per un lungo periodo) per seguire lo scrittore proletario e bohèmien, che iniziava a far parlare di sé. In un momento in cui l'attenzione per l'autore di Figli e amanti è senz'altro diminuita, questo racconto ne rivisita l'accidentata storia con gli occhi della più devota custode della sua memoria. Ciò che colpisce in queste pagine talvolta ripetitive, segnate da un uso frequente di lettere dello scrittore, è il tentativo di salvaguardare un possibile mènage familiare nel caos delle infinite case provvisoriamente abitate, dall'Italia a Ceylon, fino all'approdo finale di Taos, dove lo scrittore ebbe infine un proprio "tempio della memoria", destinato a trasformarsi in vero e proprio luogo di culto al tempo dei Beat, che vi si recavano a rendere omaggio a un antenato illustre.
Proprio il New Mexico, celebrato dai magnifici quadri di Georgia O'Keefe, che frequentò a lungo Frieda, diviene anche lo sfondo su cui l'autrice svela anche gli aspetti più oscuri di un rapporto complesso, spesso aspro. Con fine introspezione, Frieda rivela di aver incontrato Lawrence sull'onda della scoperta del verbo freudiano e di essere stata perciò immediatamente ricettiva alla sua proposta "panica", e le pagine più belle del libro sono infatti quelle del soggiorno in Germania, vissuto in un'atmosfera fiabesca, in cui si afferma più volte, peraltro, il leitmotiv del pensiero dell'autrice, per cui "il maggior piacere di una donna è vivere con un uomo creativo". Lo scrittore, spesso in collera, assume un rilievo incantato quando si dedica a creare elaborate sciarade (tra cui un tableau dedicato al giardino dell'eden), improvvisa, con esiti esilaranti, la macchietta di un parroco "revivalista" o ancora quando, di fronte a una casa troppo spoglia, afferma risoluto "faremo bene a dipingere un po' di quadri", siglando la cifra di una testimonianza in cui realtà e immaginario si fondono inestricabilmente.
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