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Notturno - Gabriele D'Annunzio - copertina
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Notturno

Descrizione


Amore, morte e dolore sono i temi di questa intensa confessione lirica, scritta quando, in seguito a una grave ferita di guerra, D'Annunzio è costretto a indossare una benda su entrambi gli occhi, che lo condanna a una temporanea cecità e a una immobilità pressoché totale. Eppure il poeta non rinuncia a scrivere. In una sorta di divinazione, annota su sottili strisce di carta "Visioni immense affluenti dal cervello all'occhio ferito, trasformazioni verbali della musica". Cosi s'intrecciano i ricordi dell'infanzia e della madre, l'esaltazione eroica delle imprese di guerra, il rimpianto per i compagni morti valorosamente, l'affetto per la figlia Renata e il presente della malattia. Un'opera sorprendente, che ci rivela un D'Annunzio commosso, ripiegato su se stesso, lontano dalla tensione superomistica delle liriche e dei romanzi.
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Dettagli

2011
Tascabile
14 settembre 2011
XXXIX-306 p., Brossura
9788817050616

Valutazioni e recensioni

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Melissa
Recensioni: 4/5

Premetto che mi piace D'Annunzio come personaggio da studiare perché interessante il suo egocentrismo, ma il suo stile di scrittura é cambiato cosi tante volte che non so piu chi stia leggendo. Do 4 stelle perché ok la trama ma come si dice oggi: ''Anche un po' meno Gabriele!'' Anche nella sua cecitá non ha dimenticato il suo egocentrismo e niente lo smuove da se e se stesso. Tutto sommato se letto con razionalitá, bel libro!

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Luca Aquadro
Recensioni: 5/5

"Ho gli occhi bendati." Un incipit di quattro parole: scabro ed essenziale, avrebbe detto Montale. "Non sembra neanche d'Annunzio!", verrebbe da dire. Forse, però, sarebbe meglio non dirlo. Allora "E' un altro d'Annunzio!". Nemmeno. Preferisco dire "D'Annunzio è anche questo!". Perché in fondo scagli la prima pietra chi non ha detto almeno una volta "D'Annunzio è troppo retorico!", "D'Annunzio oggi è illeggibile!", "D'Annunzio non lo sopporto!". Per carità, ogni opinione è legittima. Ma il fatto che la ripetano in tanti non la rende vera di per sé. Personalmente - faccio serenamente outing - d'Annunzio scrittore (lasciamo qui perdere il d'Annunzio eroe o politico o altro) mi interessa e mi piace. Anche perché spesso è "troppo retorico", ma in un'epoca di tweet da 140 caratteri la retorica non ci piace perché costa fatica apprenderla e non è da tutti padroneggiarla. Anche perché "oggi è illeggibile", specie in un'epoca dove per essere considerati leggibili si deve trattare il lettore come un depensante. Anche perché "non lo sopporto", specie in un'epoca dove la sopportazione è sostituita da un lato dal politicamente corretto e dall'altro dall'intolleranza da quattro soldi. Dunque, e mi cospargo il capo di cenere (tanto di spazio tra i pochi capelli ce n'è), che vi piaccia o no, d'Annunzio scrittore mi piace. E scommetto che anche molti suoi detrattori, se mettessero per un attimo da parte i luoghi comuni e i pregiudizi e leggessero il "Notturno" invece di ripetere come pappagalli che è un autore tutto chiacchiere ed estetismo senza aver mai letto per intero un suo libro, dovrebbero ammettere che in fondo lo scrittore Gabriele Rapagnetta alias d'Annunzio non è poi tutto da buttare... "A me nessun discepolo ha dato un monumento nuovo. (...) Sconto l'indulgenza di ieri."

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Alessandro
Recensioni: 5/5

Un libro davvero insolito per Gabriele d’Annunzio. Messi da parte gli ardori roboanti e colmi di superomismo tipici della sua poesia e dei suoi romanzi precedenti, il poeta ferito, costretto a restare steso a letto e al buio, si raccoglie in se stesso e comincia a parlare con dolce gentilezza, rivivendo le sue esperienze durante la guerra. Ampio spazio hanno il dolore per la perdita degli amici, il rapporto con la figlia che si prende amorevolmente cura di lui e il ricordo di amori ormai tramontati. Un’opera magnifica, delicata come le striscioline di carta su cui venne scritta, in cui per una volta il Vate indistruttibile cede il passo all’uomo e alla sua fragilità.

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Gabriele D'Annunzio

1863, Pescara

Debuttò giovanissimo con la raccolta di versi Primo vere (1879), cui seguì nel 1882 Canto novo, nel quale è evidente l’imitazione di Carducci temperata da una già personale vena sensuale e naturalistica. A Roma, dove iniziò (ma non concluse) gli studi alla facoltà di lettere, D’Annunzio visse all’insegna della mondanità e dell’estetismo, sempre alla ricerca di nuove sensazioni in nome di un compiaciuto erotismo al quale sarebbe rimasto fedele sino alla fine con ossessive varianti. Dal decadentismo europeo assimilava, intanto, ideali di sensibilità e di raffinatezza e il gusto del tecnicismo formale: nacquero così, accanto ad alcune raccolte di versi, romanzi come Il piacere (1889), Giovanni Episcopo (1891)...

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