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Seguito ideale de La famiglia Winshaw, insuperato capolavoro, Numero 11 ne costituisce una sorta di epilogo, forse meno riuscito ma altrettanto coinvolgente, salvo qualche parte in cui il ritmo - cosa insolita per Coe - rallenta. L'incipit è folgorante ma tradisce, seppure parzialmente, le alte aspettative che crea. Coe intreccia, con la consueta abilità, il piano della realtà storico-politica con le vicende personali dei suoi protagonisti che, abilmente, saranno destinate a incrociarsi dopo percorsi paralleli e apparentemente slegati tra loro. La denuncia sociale è sempre graffiante e non c'è niente di meglio che un capitolo di un suo romanzo per cogliere a fondo il senso della contemporaneità britannica. Questo è uno dei meriti assoluti di tutta la sua bellissima prosa. Ma qui, tuttavia, manca quel quid che soddisfa a pieno il godimento; la tensione narrativa, persa dopo la prima parte e recuperata dalla seconda metà del romanzo, giunge a un culmine che non rende pienamente ragione di una trama semplice ma promettente. Il finale è, al tempo stesso, geniale e deludente ma lascia comunque un senso di inquietudine e di non risolto che affascina e rapisce il lettore incatenato al precipitare degli eventi. Coe è e resta comunque una garanzia di alta letteratura.
Come si fa a dire che questo libro non sia la degna conclusione della Famiglia Winshaw ? Chi non l'ha capito lo invito a rileggere i due libri. Il primo libro si sviluppava durante il periodo della Thatcher, mentre 11 è ambientato negli anni 2000 e fa vedere come il Thatcherismo abbia impattato sulla economia e sulla società inglese. per arrivare alla Brexit (su questo tema invito a leggere il terzo capitolo della Banda Brocchi: Middle England). A seguito delle liberalizzazioni partorite dal Thatcherismo la società inglese è ormai strutturata su tre livelli: i mega ricchi della City (per i quali è normale spendere migliaia di sterline per una settimana in Sudafrica, o costruire maga ville nel centro della città "forzando" le leggi); le persone "normali" che rappresenta la classe produttiva e che spera di crescere di livello (per fare questo contraggono debiti-studio, e pagano affitti alti per una misera stanza) ma che solo alcuni ce la fa, gli altri passeranno tutta la vita ad evitare di scivolare nel "terzo stato", ovvero, nei miserabili, che sono esclusi dalle classi ricche/produttive. e che vivono schiacciate dal politically correct che genera solo rabbia repressa che basta poco per esplodere in violenza, e che votano la Brexit per rappresaglia contro i ricchi della City, facendosi a sua volta del male. E' una società che ricorda le nazioni ottocentesche strutturate in strati sociali con i principi, marchesi e plebe.
Romanzo in stile Coe: diversi piani narrativi e racconti intrecciati magistralmente in una prosa sempre scorrevole. Attraverso le vite di due ragazze si analizza la società del nostro tempo e si nota come ormai esista una rete invisibile ma indissolubile che unisce tutti, pubblico e privato, in maniera trasversale. Un libro che mette in guardia sui pericoli dei giudizi sommari, affrettati, avventati, soprattutto in un periodo in cui la realtà risulta così facilmente alterata dall'apparenza. Perplessità solo sul finale, che oscilla tra delusione e genialità. Ad ogni modo, un testo da leggere, anche solamente per assumere maggiore consapevolezza e riflettere sul nostro tempo e sulle sue infinite contraddizioni e ingiustizie, le quali inevitabilmente colpiscono la vita di ognuno di noi, ma che non devono farci cadere in errore cercando di fuggire il presente per rifugiarci nel ricordo di un passato idealizzato. Uno sguardo critico per cogliere la problematicità del mondo in cui viviamo, ma per affrontarla e non sviluppare un pericoloso senso di rassegnazione e disaffezione. Una riflessione sulla perdita dei valori e dei focus, in un tempo in cui primeggia il denaro e la sete di potere a scapito dell'essere umano, che viene calpestato con tanta, troppa leggerezza.
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